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Vittime di stupro: quando la mancata ribellione va sotto processo. L’ignoranza della legge sui vissuti traumatici di chi subisce un’aggressione sessuale.

Le sentenze assolutorie verso gli abusanti non solo non rendono giustizia alle vittime di stupro, ma peggiorano l’impatto dell’episodio traumatico, amplificando emozioni di colpa e vergogna intrinsecamente connesse all’aggressione subita.

Qualche giorno fa, in Spagna, è stata emessa una sentenza che ha indignato il Paese provocando un’ondata di proteste. Nel 2016 un gruppo di cinque uomini violentò in branco una diciottenne durante la festa di San Firmino, a Pamplona (Ciai, 2018). Dato che la legge spagnola distingue fra abuso sessuale e stupro, dove nel primo caso si esclude violenza o intimidazione, la corte ha condannato gli imputati alla pena più lieve, adducendo come motivazione la mancata reazione della ragazza, che non si è ribellata, ma ha subito il drammatico evento stando ferma con gli occhi chiusi per tutto il tempo.

Un episodio analogo accadde a Torino nel 2017, quando l’imputato fu assolto dall’accusa di violenza sessuale proprio a causa della mancata reazione della vittima (Muntoni, 2017). La legge italiana, a differenza di quella spagnola, riconosce lo status di vittima a chi subisce un’aggressione sessuale, di qualunque natura: ogni atto sessuale non consenziente è considerato una violenza. E lo è, senza dubbio.

Tuttavia, l’applicazione della pena è ancora troppo suscettibile d’interpretazioni che rivelano la necessità di fare maggiore chiarezza, e forse anche maggiore cultura, sul trauma e i vissuti che lo accompagnano e sui comportamenti che ne conseguono, in questo caso l’immobilità e il silenzio. La vittima non reagisce perché sta subendo un trauma, non perché l’impatto dell’evento sia minimo.

Per chiunque si occupi di trauma è infatti evidente come questo genere di sentenze siano l’espressione di un enorme gap fra ciò che clinica e ricerca in ambito traumatologico hanno rivelato negli ultimi decenni e ciò che si riscontra nelle aule di tribunale, dove chi, peritus peritorum, emette le sentenze, ignorando ciò che avviene davvero nel cervello di una vittima di aggressione.

Che cosa succede, dunque, durante un’aggressione sessuale? Che cosa vive in quel momento chi la subisce?

La teoria polivagale di Stephen Porges (2014) ci aiuta a comprendere reazioni che a volte appaiono incomprensibili, incluse quelle che si notano in molte vittime di stupro. Quando ci si sente in pericolo, nel nostro cervello si attiva immediatamente il sistema di difesa. Immediatamente nel senso letterale del termine: questa reazione repentina, infatti, non è mediata dalle zone corticali, dalle funzioni superiori, ma si sviluppa nella parte evolutivamente più antica del cervello, il tronco encefalico, in cui hanno sede gli istinti che ci accomunano con gli altri animali.

Questo significa che le reazioni di difesa non sono il frutto di una decisione volontaria e razionale, ma sono automatiche, non controllabili e producono il comportamento che il cervello in quel momento ritiene più utile alla sopravvivenza. Quattro sono le possibili risposte del sistema di difesa: freezing, fight, flight e faint.

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Per saperne di più e leggere l’articolo completo : http://www.stateofmind.it/2018/05/stupro-di-gruppo-spagna/

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