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Dubbio patologico: quando pensare troppo fa male

Il dubbio patologico è una perversione del ragionamento che si basa sul presupposto disfunzionale secondo cui, prima di agire, sia necessario individuare la decisione più giusta.

È un aspetto del disturbo ossessivo – compulsivo e si caratterizza  per il tentativo di trovare risposte razionali, definitive e rassicuranti a dubbi irragionevoli a dilemmi incoerenti o a domande che non possono avere un’unica risposta corretta,  come “Sarò in grado o non sarò in grado?”, “Sarà la scelta giusta oppure no?”, “Andrà bene o andrà male?” ecc.

L’individuo tenta, attraverso un ragionamento logico-razionale, di individuare una risposta razionale e “definitiva” a questi dubbi senza riuscire a trovarla, dato che non vi può essere una risposta assolutamente “certa”. Il tentativo di rispondere per rassicurarsi e non riuscirci, alimenta un ulteriore dubbio che fa sorgere una nuova domanda e così via, creando un meccanismo di pensiero che si auto-alimenta, che si accumula nella mente della persona, finché la stessa si trova intrappolata in un labirinto infinito di dubbi e di tentativi di risposta,“vittima e carceriere della prigione che lei stessa ha costruito”.

In altri casi la persona tenta di scacciare il dubbio, ma più cerca di scacciarlo più lo rinforza. Altre volte cerca la risposta interrogando altre persone, ma per lo più si finisce per ricevere delle pseudo rassicurazioni che, funzionando un po’ come delle risposte che alimentano nuove domande.

Questi comportamenti vengono spesso attuati e mantenuti, poiché forniscono la sensazione di un momentaneo sollievo.

Il contenuto dei dubbi è vario: può riferirsi al passato, al presente o al futuro; può riguardare se stessi, i familiari o altre persone significative e coinvolgere i più diversi ambiti.

Facciamo ora un esempio pratico di tale aspetto patologico.

Prendiamo il caso di una persona che voglia acquistare un nuovo televisore per la sua famiglia,  può valutare i modelli sul mercato e i relativi prezzi, farsi descrivere dai negozianti quelli più idonei alle proprie esigenze, dopo di ciò compiere la propria scelta. Tutto ciò può essere ritenuto utile e funzionale.

Ma, come talvolta può accadere, un meccanismo sano e razionale, portato agli eccessi e alle sue estreme conseguenze, induce una condizione rigida e patologica.

Immaginiamo lo stesso soggetto che voglia essere assolutamente sicuro di compiere la scelta giusta. Chiederà consiglio a tante persone diverse, che daranno probabilmente altrettanti pareri diversi. Non contento di ciò andrà a vedere su internet i siti di prodotti hi-tech, visualizzerà decine di forum in cui si commentano la qualità dei vari modelli di tv, acquisendo miriadi di informazioni. Potrà valutare la possibilità di compiere acquisti online, trovando così maggiore convenienza rispetto ai negozi. Ma lì sorgerà un nuovo dubbio: “se compro la tv tramite un negozio on line, posso essere sicuro che in caso di problemi avrò la giusta assistenza?” Potrebbe allora aspettare le offerte o il black Friday: “ma se poi proprio il televisore che voglio io non fosse in offerta o non si trovasse più?”

Alla fine la persona continuerà ad usare la vecchia TV e solo quando quest’ultima si romperà, verrà costretta dai fatti a comprarne una nuova senza finalmente pensarci su troppo.

Tali persone non riescono ad effettuare una scelta, si bloccano, come ho  descritto, ripetutamente nell’elaborazione dei vantaggi e degli svantaggi che deriverebbero dall’intraprendere una strada piuttosto che un’altra; non vogliono commettere errori, quando invece dagli errori non si deve fuggire, dato che è l’errore che fa crescere. Si impara ad andare a cavallo quando si cade e ci si rialza, se si sceglie di non salire in sella bloccati dal dubbio sull’essere o non essere in grado di riuscirci, non si cadrà mai e non si imparerà mai.

L’eccesso di razionalità, la ricerca della scelta perfetta  finisce con il bloccare la persona, l’individuo finisce con l’infognarsi dentro un labirinto intricato dal quale uscirne diventa un’impresa impossibile.

 

Dubbio patologico: come uscirne?

Secondo una leggenda, a Gordio, in Asia Minore, si trovava un nodo davvero intricato e impossibile da sciogliere, che tene­va il timone del carro del re Mida. Secondo la profezia, chi fosse riuscito a scioglierlo sarebbe diventato imperatore dell’Asia Minore. Alessandro Magno compì l’impresa recidendo il nodo con un colpo di spada.

Tentare di sciogliere un nodo impossibile da sciogliere dove ogni tentativo non solo è inutile, ma rende il nodo sempre piu’ intricato e compatto!

Invece la soluzione di Alessandro Magno ci suggerisce due riflessioni:

  • un problema non si risolve necessariamente in base alla sua impostazione: il nodo può essere reciso, non è obbligatorio districarlo;
  • la soluzione migliore è una non soluzione: il non rispondere al dubbio consente paradossalmente di scioglierlo

 

Il problema sta a monte

Quale risposta potrà mai rassicurare una persona rispetto ad una domanda razionalmente sbagliata?

Come facciamo ad essere completamente sicuri di una scelta ancora prima di averla compiuta?

Chi, assistendo alla celebrazione di uno splendido matrimonio, può essere certo che gli sposi si ameranno per tutta la vita? Chi, dopo avere fatto accurati esami medici rassicuranti, può essere davvero certo che non avrà mai una malattia grave?

 

Aspetto terapeutico

Da un punto di vista terapeutico si insegna alla persona, attraverso le tecniche di prevenzione e posticipazione della risposta, a tollerare la frustrazione ed il disagio per un tempo gradualmente crescente, durante il quale rinvia il tentativo di cercare una risposta al suo dubbio ( condotta compulsiva): di solito già dopo 30 minuti assistiamo ad un abbassamento del livello di ansi, senza che la persona abbia fatto ricorso alla compulsione. Da un punto di vista cognitivo si procede invece con l’individuazione di quelle che si chiamano “idee irrazionali” che, nel caso del dubbio patologico, proprio come per il disturbo ossessivo compulsivo,  hanno spesso a che fare con il giudizio e la paura di non essere accettati dagli altri, soprattutto altri significativi .

Si procede quindi con la ristrutturazione cognitiva portando la persona a constatare che non è possibile né auspicabile avere certezza assoluta circa questioni per le quali è invece necessario tollerare un margine di rischio. La ristrutturazione va inoltre effettuata sulle credenze di base legata alla non amabilità e all’ inadeguatezza alla radice della disistima della persona e quindi del dubbio ossessivo.

 

Autore © Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

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