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La ferita fa più male se crediamo che una persona ci ha offeso di proposito

Il dolore non è un’esperienza oggettiva – o almeno non così oggettiva come pensiamo. Ci sono molti fattori psicologici che possono amplificare o ridurre il dolore.

I nostri stati mentali possano alterare l’esperienza del dolore, anche la nostra percezione delle intenzioni altrui può influenzare l’intensità del dolore. Cioè, se crediamo che una persona ci ha ferito di proposito, sentiremo più dolore.

La nostra esperienza con il dolore e anche la sofferenza che sperimentiamo di conseguenza, dipende anche dal fatto che crediamo che qualcuno ci abbia causato dolore intenzionalmente. Il dolore intenzionale non solo viene sperimentato con maggiore intensità ma si mantiene stabile, mentre possiamo abituarci al dolore involontario, riducendo il disagio che questo genera.

Il modo in cui sperimentiamo il dolore e gli eventi negativi della vita è condizionato da molteplici fattori. Se crediamo che una persona ci abbia fatto del male appositamente, la nostra sofferenza emotiva sarà maggiore perché alla ferita si aggiungerà la sensazione di essere stati ingannati o traditi.

Non prendiamola sul personale. Meglio fare determinate considerazioni:

  • Come si comporta questa persona con gli altri? Il suo atteggiamento arrogante potrebbe essere una sua prerogativa. E a quel punto risulta chiaro che non può avercela con te. A volte questo atteggiamento può essere la maschera di una forte insicurezza.
  • Tu non hai bisogno dell’approvazione di nessuno. Ritorniamo su uno degli aspetti che maggiormente hanno caratterizzato la mia vita: il desiderio di piacere a tutti. Non è possibile. Siamo troppi al mondo (una cosa tipo 7 miliardi e rotti!).
  • Comunica le tue emozioni. In sostanza: parla. Non siamo abituati a parlare. Preferiamo tenere tutto dentro al nostro scrigno personale. E’ sbagliato per il semplice fatto che le emozioni si amplificano. Liberati dicendo semplicemente – con gentilezza ovviamente – che ti sei sentito ferito. Tutto si chiarirà in un attimo.

Prendere una cosa sul personale è un’ errore, uno slittamento di giudizio: un’aggressione verbale, un rimprovero, un’ordine saccente costituiscono un giudizio su di te come “persona” non come professionista o lavoratore o studente.

Bisogna comprendere che un giudizio non deve slittare all’interno della tua sfera personale, un giudizio rimane solo un’espressione di un’altra persone che non sei tu. Chi lo sa, magari potrebbe essere un motivo per crescere, per comprendere un errore che hai commesso. Oppure un motivo per alzare il dito medio. Sfortunatamente, non potrai saperlo da subito se la cosa ti coinvolge in maniera emotiva così forte. Potrai reagire serenamente soltanto quando non sarai toccato nel tuo intimo dai giudizi negativi altrui.

La maggior parte delle critiche che ricevo, da un lato entrano e dell’altro escono. Non sono un attacco personale ma solo un giudizio negativo. Se questi giudizi, però, tu li vivi come veri e propri attacchi alla tua persona allora rischi di tornartene ogni volta ucciso e morto a casa.

La svalutazione ti fotte quando tu credi sia sulla tua persona. Ti senti giudicato come essere in carne ed ossa su questo mondo. Ma ti posso assicurare che il 95% delle volte non è mai così.

Razionalmente, il giudizio che viene sollevato è sempre sulla “cosa” che fai non sulla “persona”. E’ probabile che sia tu stesso l’artefice dello slittamento, sei tu che dici “io mi sento personalmente squalificato”.

Se qualcuno ti dice sei un ladro disonesto, tu come la prendi? Potrai sentirti umiliato solo se combaci davvero con il profilo di “ladro disonesto”.

Ricorda: nessuno può mai squalificarti personalmente, sei tu che glielo permetti.

 

Autore © Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

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