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Il concetto di stress secondo Selye

Il medico ricercatore Hans Selye ha definito lo stress come una risposta dell’organismo a vari stimoli esogeni ed endogeni e di aver descritto in modo sistematico tale risposta, quanto quella di aver inserito lo stress in una teoria generale dello sviluppo della malattia che ha fatto progredire notevolmente la ricerca degli ultimi trent’anni. Secondo Selye, lo stress è la risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso. 

Come tale, esso può essere prodotto da una gamma estremamente ampia ai stimoli denominati stressors (agenti stressanti) che producono essenzialmente la medesima risposta biologica.  Questa definizione dello stress e la formulazione della sindrome generale di adattamento  è alla base del modello interpretativo generale sia di malattie somatica che di disagi d’ordine psichico che sono state individuate da Selye attraverso un lavoro teorico e di ricerca che ha coperto un intero arco di circa venti anni.

L’inizio della concettualizzazione dello stress nella sua forma moderna risale al 1936, quando Selye, che stava ricercando un nuovo ormone sessuale, si accorse che gli animali da esperimento reagivano alla inoculazione di estratti non purificati di tessuti con una ipertrofia delle surrenali, una atrofia del timo e delle ghiandole linfatiche e con lo sviluppo di ulcere nella mucosa gastrica. Egli interpretò questo quadro come conseguenza di una reazione difensiva dell’organismo, e chiamò questa reazione sindrome generale di adattamento (General Adaptation Syndrome).

La sindrome generale di adattamento si sviluppa attraverso tre fasi successive: la fase di allarme, in cui si manifestano essenzialmente modificazioni di carattere biochimico-ormonale; la fase di resistenza, nella quale l’organismo si organizza anatomo-funzionalmente in senso stabilmente difensivo; la fase di esaurimento, nella quale si verifica il crollo delle difese, e l’incapacità ad adattarsi ulteriormente agli stressor.

Nella sua elaborazione finale, lo stress viene visto da Selye come una reazione adattativa e fisiologica aspecifica a qualunque richiesta di modificazione esercitata sull’organismo da una gamma assai ampia di stimoli eterogenei.

In base a questa definizione, lo stress non è necessariamente una condizione patologica dell’organismo, anche se può produrre patologia in opportune circostanze, ovvero da stressor fisici ed emotivi potenzialmente dannosi per l’organismo; in altri termini la reazione di stress è una reazione fisiologicamente utile in quanto adattativa che può tuttavia divenire una condizione patogena se lo stressor agisce con particolare intensità e per periodi di tempo sufficientemente lunghi.

Lo stress dunque è qualcosa che non può essere evitato, in quanto è l’essenza della vita stessa. Questa concezione rappresenta in effetti l’ultima evoluzione del pensiero di Selye sullo stress: «La completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si pensa di solito, noi non dobbiamo, e in realtà non possiamo, evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace, e trame vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi ed adattando la nostra filosofia dell’esistenza ad esso».

 

 

 

Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

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