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Ansia da cattive notizie: il doomscrolling

Le notizie su quello che accade nel mondo e nella nostra nazione sono una parte indispensabile della vita quotidiana.

È come col cibo: abbiamo bisogno di nutrirci per vivere, ma se mangiamo troppo e male otteniamo l’effetto contrario, e alla lunga nutrirsi di notizie può portarci a fare “indigestione” ed a sperimentare ansia, rabbia, depressione, calo di produttività.

Il cibo invece di fornirci energia, diventa un nemico, in grado di causare problemi di diverso ordine.

La pandemia da Covid-19, a partire dai primi mesi del 2020, ha coinciso con un’impennata dell’utilizzo di Internet e degli strumenti digitali che ci sono serviti per lavorare, studiare, continuare con le nostre attività, rimanere in contatto con amici e familiari, essere informati; con il lockdown  è aumentata la ricerca costante di notizie fresche.

Secondo alcuni dati raccolti il nostro tempo davanti allo schermo  è aumentato di almeno il 50 per cento.

Nella cosiddetta società dell’informazione era già comune sentirsi sopraffatti dalle notizie, ma raramente le incertezze sono state così tante ed abbiamo dovuto affrontare una situazione del tutto inedita con informazioni nuove e a volte contrastanti pervenenti ogni giorno.

Si sa poi che uno dei principi base di un certo tipo di giornalismo è da sempre quello di creare paura ed insicurezza. La paura è un’emozione estremamente pervasiva, ed in quanto tale, far leva su di essa non è un atteggiamento propriamente etico. Purtroppo le “bad news” dilagano e già in precedenza si è potuto vedere i media cavalcare l’onda della paura.

I media non parlano di treni che arrivano in orario.

Gli organi d’informazione, nel notare l’accresciuta audience, hanno offerto un vasto campionario, dalla cronaca all’approfondimento, e chi cercava pubblicità, attraverso una nuova subdola circonvenzione di persone preoccupate, ha sfruttato tali debolezze e ansie, sfoderando una raffica di fake news.

D’altronde è più facile spaventare che far ridere; noi stessi spesso condividiamo più facilmente le notizie che fanno paura o fanno arrabbiare. Più drammatica è la notizia, più tendiamo a perderci in essa. I media ne sono consapevoli e guadagnano la maggior parte dei loro soldi attraverso la pubblicità e le tariffe relative al numero di lettori.

In tempi di incertezza

In tempi di incertezza l’informazione è uno dei nostri meccanismi di difesa più basilari. Essere informati ci fa sentire più al sicuro e ci da gli strumenti per sapere come affrontare una crisi. Tuttavia, troppe informazioni possono scatenare effetti psicologici contrari, avversi.

Tutto questo ha portato alla nascita del fenomeno denominato “doomscrolling“, che dall’inglese è un composto di “scroll”, cioè il movimento che si fa con il touch del telefono nello scorrere le pagine, e “doom”, che significa “destino tragico”. Un comportamento che induce a leggere quasi ossessivamente e senza vincoli di orario notizie spesso drammatiche e tristi, rischiando di distorcere lo sguardo sulla realtà e favorendo ansia e paura.

La parola Doomscrolling è stata menzionata per la prima volta su Twitter nel 2018, ed il termine è divenuto popolare in questo momento storico. Che si stia scorrendo il social media preferito, come Facebook, Twitter, Instagram, o semplicemente si stiano seguendo le notizie sul web, oppure consultando la fonte giornalistica preferita, si tratta sempre di doomscrolling.

Essere immersi in notizie negative

Il doomscrolling è una pratica tipicamente umana. Proprio come quando passiamo accanto a un incidente stradale rallentiamo per vedere cosa è successo, così accade quando scorriamo le notizie sullo smartphone: appena ci imbattiamo in un titolo a effetto o un post di Facebook confezionato ad hoc per ottenere clic. Ore e ore del nostro tempo passano così, cercando news che in tanti casi ci rimandano a notizie già dette, masticate e predigerite, incomplete e spesso tutte simili fra loro.

Il doomscrolling è una delle dipendenze più nascoste dei nostri tempi, che non coinvolge solo i giovanissimi, ma chiunque abbia a disposizione un device e un collegamento alla rete. Tale atteggiamento, frutto di un originario bisogno informativo, si nutre, tuttavia, del macabro, dell’esigenza più curiosa e morbosa dell’essere umano.

Scrollare le brutte notizie, senza riuscire a smettere, metaforicamente parlando, è come annegare lentamente dentro delle specie di sabbie mobili emotive abbuffandosi di notizie negative.

Anche se “i danni non sono per forza misurabili, chi si chiude in questa bolla di notizie angoscianti arriva ad avere piuttosto rapidamente l’impressione che tutto vada male.

Non sempre c’è consapevolezza

Chi sviluppa tal abitudine, a volte non è completamente consapevole: sottostima il ricorrere e il prediligere la negatività. Ha sviluppato un’attaccamento tale che considera il proprio comportamento come normale e valuta le notizie che approfondisce non come negative bensì le uniche possibili e reali.

Lo scrolling dimostra l’approccio moderno all’informazione: scorrere in continuazione e dedicare solo qualche secondo a leggere, senza alcuna voglia di approfondire per intero la notizia. La comunicazione, frutto dei tempi, consuma e fa divorare: figlia del “tutto e subito”, nel suo vorticoso e schizofrenico alternarsi, distorce la percezione della realtà.

Da dove nasce il bisogno di fare doomscrolling?

Sono diverse le motivazioni che spingono a immergersi sempre in nuove notizie.

Farlo può servire a dare un senso all’esperienze difficili che stiamo vivendo ed a quello che sta succedendo nel mondo, ci aiuta a costruire un ordine in una situazione incerta e a riempire il vuoto informativo. L’aspettativa è di ampliare le prospettive, arrivare ad un maggiore senso di controllo (più ne so, più ne capisco, più posso controllare) e quindi ridurre i sentimenti negativi.

Il nostro cervello presta istintivamente attenzione a qualsiasi situazione potenzialmente pericolosa come parte di un’attitudine volta alla sopravvivenza, lo stesso è  progettato per scansionare costantemente l’orizzonte alla ricerca di potenziali minacce. Poiché le minacce sono più importanti per la nostra sopravvivenza rispetto ad altre informazioni, prestiamo più attenzione alle cose negative che a quelle positive che ci possano mettere in pericolo. Nei nostri giorni da cavernicolo questo ci ha impedito di essere minacciati da attacchi di animali o persone e di essere catturati in condizioni meteorologiche pericolose. Il nostro sistema ora funziona allo stesso modo, ma non discrimina tra le minacce reali e le cattive notizie che leggiamo.

Situazioni d’incertezza innescano il desiderio di cercare informazioni per sentirsi più in controllo. Quando cerchiamo informazioni in questo stato, siamo particolarmente sensibili alle notizie emotivamente minacciose. Alla lunga, invece di aumentare il nostro senso di controllo, le notizie negative confermano le nostre paure, anche a  causa del cosiddetto bias di conferma, ovvero la tendenza a leggere solo ciò che è in linea con il nostro pensiero. Contemporaneamente il nostro cervello tende a dare un peso minore alle prove che disconfermano la nostra prospetti e quindi continuiamo le nostre ricerche per accumulare più info che supportano e sono coerenti con le informazioni che abbiamo visto per prime. Tutto ciò aumenta la nostra ansia e aumenta il nostro “bisogno di sapere”, creando un circolo vizioso che si auto mantiene.

Inoltre, in un mare di informazioni,  potremmo facilmente avere anche la preoccupazione di perderci qualcosa di importante. Così continuiamo a cercare, nella speranza di trovare informazioni che ci facciano sentire meglio.

A tutto questo, si aggiunge il fatto che la tecnologia provoca sempre più assuefazione perché è così che è progettata.

Il fenomeno del doomscrooling sfrutta anche un altro aspetto psicologico inconscio, l’automaticità. La sperimentiamo spesso, per esempio quando, alla guida, percorriamo una strada familiare, come quella che porta a casa o al nostro posto di lavoro, anche se eravamo diretti altrove. Continuare a “scrollare” anche se sarebbe ora di andare a dormire è un comportamento simile perché automatico: ci fa perdere il senso del tempo.

Un ulteriore meccanismo psicologico che entra in gioco è la ricerca della gratificazione, sempre presente quando si fanno attività che causano assuefazione.  Quando qualcuno è d’accordo con le nostre convinzioni e punti di vista, il nostro cervello lo registra come una “vittoria” e potremmo ottenere una dose di dopamina (neurotrasmettitore associato alla sensazione di piacere) dalla convalida esterna dei nostri pensieri interiori.

Cosa possiamo fare per bloccare il doomscrolling?

Non esiste un’unica soluzione, tuttavia, esiste una serie di abitudini che possiamo iniziare ad applicare per ridurre sia il tempo che passiamo a leggere cattive notizie sia gli effetti che ha su di noi.

La soluzione richiede uno sforzo attivo e concertato per fermare il comportamento auto-rinforzante.

Per uscire dal doomscrolling ci vuole un’attenzione per fermarsi e prendersi una pausa, riuscire a monitorare l’impatto emotivo, separare le informazioni utili da quelle irrilevanti. L’aspetto fondamentale è riuscire a discernere dove sia il limite per noi tra l’essere informati, anche quando le informazioni sono negative, e quanto questo ci destabilizza e ci fa stare male.

Possiamo iniziare controllando noi stessi per assicurarci che qualunque cosa stiamo leggendo sia  effettivamente un’informazione nuova e utile per la tua sicurezza. Iniziamo a monitorare l’impatto emotivo della lettura, indipendentemente dalla fonte.

Chiediamoci:

  • Queste informazioni sono utili e pertinenti?
  • Come mi fanno sentire?
  • Stanno interferendo con altre cose che preferirei fare o dovrei fare?

Strategie pratiche per frenare l’abitudine al doomscrolling 

  • Spegniamo il telefono e sostituiamo il doomscrolling con un’altra attività.
  • Impostiamo dei limiti per la consultazione di notizie.
  • Evita le notizie dopo cena, poiché aumenta lo stress e interferisce con il sonno.
  • Disattiviamo le notifiche, delle app che inviano news anche a schermo bloccato.
  • Gli algoritmi influenzano la nostra navigazione, ma siamo noi in primis a governarli, andando a cercare e “preferire” contenuti più positivi e piacevoli.
  • Verifichiamo le fonti! Chi ha scritto quello che stai leggendo? Osserva chi riporta una certa notizia, da che tipo di sito viene e quanto sia. Diventare più consapevoli sulle fonti ci rende lettori più critici.
  • Usciamo di casa, lasciando il telefono sul comodino

Per concludere la priorità di tenerci informati è indiscutibile. Tuttavia, per mantenere la nostra capacità di pensiero critico e la stabilità mentale per superare uno stato di crisi prolungato come questo che stiamo vivendo, è necessario assegnare alla salute mentale un posto più elevato nella scala delle priorità.

È tempo di diventare ricercatori attivi e trasformare la lettura in una navigazione consapevole.

È utile essere informati ma non è necessario essere sopraffatti!

 

Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

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