Il ruolo dell’ambivalenza e dell’ambiguità nelle relazioni affettive
Nelle relazioni affettive si può sovente notare un certo grado di ambivalenza o ambiguità.
Innanzitutto definiamo i termini Ambivalenza e Ambiguità.
Ambivalenza: atteggiamenti emotivi di amore e odio e altri sentimenti opposti. L’ambivalenza affettiva è una dimensione psicologica che appartiene e attraversa gli esseri umani dalla normalità alla patologia: un certo grado di ambivalenza è normale nei rapporti affettivi, sia nella relazione madre-bambino, sia in quella di coppia e in altre relazioni intense. Il termine ambivalenza unisce due parole latine, ambi (entrambi) e valentia (forza), che bene danno conto del fenomeno: come sentirsi tirati da due forze contrapposte.
Si possono nutrire sentimenti ambivalenti non solo in campo amoroso: per esempio possiamo provare contemporaneamente paura e desiderio nel tuffarci da un trampolino alto, oppure possiamo sentirci allettati e respinti da una nuova offerta di lavoro o da un prospettiva di viaggio.
Ambiguità: è quello che può venire inteso in vari modi o dare adito a diverse interpretazioni, dando luogo a dubbi e confusione. L’ambiguità lascia l’interlocutore in una specie di limbo. L’ambiguità di una persona alla quale si è legati da un legame affettivo intenso suscita un’indeterminatezza ansiosa particolarmente intensa, talora insostenibile, perplessità e interrogazioni destabilizzanti che necessitano di essere dissolti, ma…….
….. non possono esserlo.
LA DINAMICA DELL’INNAMORAMENTO
Nelle prime fasi dell’innamoramento, gli amanti esibiscono diversi indici correlati alle dinamiche di dipendenza, per esempio euforia, astinenza, tolleranza, dipendenza fisica e psicologica.
L’amore, dunque, potrebbe essere paragonato, con i dovuti distinguo, a una sostanza d’abuso, poiché in entrambe le situazioni è possibile sviluppare una dipendenza.
Vivere una relazione stimola le aree cerebrali legate alla ricompensa, proprio come le droghe; allo stesso tempo, portare a termine una relazione può provocare ansia e depressione.
Le risposte emotive, in tutti e due i casi, si legano strettamente alle reazioni fisiche, creando una potente spinta verso l’instaurare o il mantenere una relazione affettiva: la relazione, dunque, diventa l’obiettivo e, allo stesso tempo, la ricompensa, che consente alla persona di ridurre la sofferenza della lontananza e sentirsi meglio.
Si potrebbe dire che l’amore sembra esordire come una sorta di dipendenza naturale.
Nel tempo la relazione si stabilizza e da questa prima fase di “simil-dipendenza” dall’altro\a, si passa e si struttura un legame più maturo, completo, reciproco e “libero”.
Tuttavia per alcune persone, le relazioni possono nel tempo diventare fonte di insoddisfazione e frustrazione e, per quanto portare avanti questo legame sembri difficile, il pensiero di rimanerne privi è di gran lunga peggiore. Si istaura così una dipendenza affettiva.
Cosa centrano gli atteggiamenti improntati sull’ambivalenza e l’ambiguità con lo sviluppo di problematiche di dipendenza affettiva?
Centrano eccome.
Una delle tante cause di legame patologico è quello in cui la comunicazione tra due individui, uniti da una relazione emotivamente significativa, presenta una incongruenza tra ciò che viene comunicato a livello esplicito, verbale ed il livello non verbale, ovvero ciò che viene comunicato con gli agiti e gli atteggiamenti.
Se il legame con la persona che ci lancia questa comunicazione è forte, allora questo comportamento ci invischia così tanto da non lasciarci la possibilità di decidere quale dei due messaggi contraddittori sia valido, né di esplicitare all’altro l’ambivalenza che stiamo sperimentando. L’essere umano è, per natura, un ricercatore di coerenza, pertanto, nell’andare ad assimilare una comunicazione ambigua, incontra grosse difficoltà, va in crisi, entra in un loop di reiterati tentativi di comprensione fallimentari.
Le persone fortemente ambivalenti ed ambigue sono nocive, non tanto perché siano necessariamente cattive, quanto appunto per i processi mentali che attivano nei loro partner, che tormenteranno più o meno lentamente, comunque inesorabilmente.
I soggetti ambigui per loro natura interagiscono in modo contraddittorio, sfuggente e indefinito, sia nei loro comportamenti che nelle comunicazioni con l’altro\a.
Queste persone appaiono agli altri come un insieme di elementi o di comportamenti contraddittori che irrimediabilmente provocano confusione, smarrimento, incertezza , creando una modalità relazionale asimmetrica, in cui uno dei due partners finisce per avere un rapporto di sudditanza.
E’ il partner infatti quello che finisce per sperimentare intense reazioni di fronte ai loro improvvisi e inattesi cambiamenti comportamentali, i quali generano incredulità e stupore ed inducono lo stesso a ricercare, indagare, scoprire e tentare di svelare l’ambiguità vissuta.
L’esposizione cronica a questo tipo di comportamenti ambivalenti\ambigui è spietatamente dannosa per la persona che li subisce , perché generano una sensazione di impotenza che trascina l’ altro verso un profondo logorio psichico ed emotivo.
Avere la “percezione di sicurezza”, di potersi fidare di un partner, consente un sufficiente equilibrio emozionale, ma chi subisce l’ambiguità dell’altro è invece costretto ad oscillare tra aspettative positive o negative, vivendo un’indeterminatezza ansiosa intensa, accompagnata da dubbi che necessiterebbero di essere dissolti ma non possono esserlo: l’ambiguità genera pertanto necessariamente dipendenza.
CARATTERISTICHE DELL’AMBIGUO
Non si può affermare che i soggetti ambigui “mentano, imbroglino” consapevolmente. Paradossalmente, se mentissero, non sarebbero “ambigui”, ma semplicemente degli “antisociali, manipolatori” che attivano i loro nuclei ambigui per una ben precisa finalità, una convenienza, una questione di “interesse”. Il loro stile predilige invece l’omissione, la mezza verità, il depistaggio, lasciano sempre il dubbio sulla loro sincerità e danno l’impressione di una pura esigenza di riservatezza.
L’ambiguo è comunque ego sintonico (in psicologia si dice egosintonico un qualsiasi comportamento, sentimento o idea che sia in armonia con i bisogni e desideri dell’Io, o coerente con l’immagine di sé del soggetto) perché sente di essere sempre giustificato nelle sue azioni, delle quali vede soltanto il lato positivo.
Cercando di stabilire dei criteri descrittivi per la definizione di una personalità più o meno pervasivamente ambigua, troviamo il mimetismo e la manipolatività istrionica, la diffusione dell’identità e l’instabilità affettiva, la necessità di continua approvazione e gratificazione, il ritiro e la segretezza e le strategie passivo-aggressive.
L’ambiguo prende tempo, guadagna tempo, è un temporeggiatore in ognuna delle sue relazioni, semplicemente per i maggiori benefici che gli sembra possa trarne. Quando gli si chiede di prendere posizione relativamente a qualcosa di comune, l’ambiguo non sceglie, “si lascia” scegliere.
Il suo modo di funzionare è costante; il suo mimetismo impedisce all’osservatore di rendersene conto poichè mostra un adattamento formale ineccepibile alle situazioni presenti, che fa di lui un partner ed un collaboratore apparentemente ideale.
Contemporaneamente non entra mai in contatto empatico profondo con gli altri. Non ha la capacità di donarsi all’altro, di impegnarsi per l’altro, di provare amore profondo e gratitudine; prende molto più di quello che dà, senza rendersene conto, né provare rimorsi o colpa.
Non ha una memoria affettiva persistente; questo gli consente di transitare rapidamente da una relazione o da una situazione ad un’altra senza particolare sofferenza e di non sviluppare angosce di perdita e rimpianti.
La capacità di abbandonare il partner, quasi senza alcuna sofferenza, è l’unico potere dell’ambiguo.
Il partner dell’ambiguo, allorché la relazione viene chiusa, spesso inaspettatamente e improvvisamente a causa dello svelamento dell’ambiguità, si rende conto di essere stato oggetto di una vera e propria predazione: di essere stato deprivato di tempo ( il tempo non veramente condiviso progettualmente non è vero tempo), di amore, di energie, di impegno. Per questo le reazioni acute alla rottura di un rapporto con soggetti di questo tipo assumono più o meno marcate connotazioni paranoicali.
Il primo passo che deve effettuare il partner di una persona ambigua è riconoscerla come tale, attraverso un percorso spesso lungo e difficile di eliminazione della propria fiducia a priori verso l’apparenza della realtà che viene inscenata dall’ambiguo e delle relative proiezioni idealizzanti: i primi indizi da notare sono le contraddizioni inspiegabili, la sensazione di qualcosa di inesplicabile nel comportamento, l’impossibilità di decidere e prendere una posizione chiara in una situazione e gli atteggiamenti che rendono perplessi e avviano il percorso di decifrazione lungo e complesso. Il tutto genera stati d’ansia, di momentanea depressione, tensione, rabbia.
Come accade per gli altri generi di dipendenza, la guarigione dalla dipendenza creata dal partner ambiguo\ambivalente è un processo complesso e che, in alcuni casi, può richiedere del tempo.
I presupposti fondamentali, ad ogni modo, sono il riconoscimento della propria dipendenza, la presa di coscienza delle conseguenze che essa ha prodotto e potrebbe produrre in futuro e la volontà di intraprendere un processo di cambiamento.
Tutto ciò richiede un’iniziale dose di coraggio perché, nella maggior parte dei casi, comporta il porre fine alla relazione disfunzionale e cominciare a gestire l’astinenza.
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Dott. Marco Forti.
Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico
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