ANSIA E PREOCCUPAZIONE PER IL LAVORO. COSA FARE? SUGGERIMENTI DA SEGUIRE
Il tema del lavoro è spesso al centro di molte nostre preoccupazioni perché coinvolge la nostra vita pratica presente e futura ma anche molti aspetti del sé che giocano un ruolo fondamentale per il nostro benessere. Tra le preoccupazioni più frequenti legate all’attuale andamento del mercato del lavoro troviamo quella di poter perdere il proprio posto, con la conseguente preoccupazione di non riuscire a trovarne un altro, oppure di trovarne uno di livello inferiore o con inferiore retribuzione. C’è poi la preoccupazione legata all’avanzamento tecnologico che ci rende sempre un passo indietro rispetto a chi è più giovane di noi e che ci obbliga a rivedere le nostre competenze che rischiano di diventare obsolete. C’è la preoccupazione legata ad un fattore socioculturale secondo il quale si deve andare in pensione con l’azienda presso la quale si è entrati nel mondo del lavoro. Questo è ciò che accadeva nel passato e che spesso la cultura familiare ci ha trasmesso, ma sappiamo essere un evento estremamente improbabile al giorno d’oggi.
Ci sono poi una serie di preoccupazioni che invece hanno a che fare con il nostro stile di personalità, con i nostri valori, con le nostre credenze rispetto al lavoro, con quanto ci identifichiamo con ciò che facciamo e da quanto la nostra autostima dipende dai risultati lavorativi ottenuti. Così finiamo spesso per preoccuparci di svolgere il nostro lavoro in maniera perfetta, di ricevere critiche dal nostro capo, di poter perdere il lavoro e di conseguenza sentirci falliti e rimuginiamo tanto tempo su quanto questo sia terribilmente ingiusto.
Qualunque sia esattamente la nostra particolare preoccupazione rispetto al lavoro, deriva sempre da alcuni fattori generali descritti sinteticamente di seguito:
Sindrome dell’impostore: descritta dagli psicologi Harvey e Katz, consiste nel pensare di aver in qualche modo indotto gli altri a sovrastimare il proprio valore e le proprie capacità. Il proprio valore o successo viene al contrario attribuito alla facilità del lavoro o alla fortuna. Da qui il timore di essere scoperto dagli altri, di essere smascherato proprio come un impostore. L’insicurezza provata influisce negativamente sulla prestazione lavorativa che tende inevitabilmente a peggiorare.
Bisogno di essere apprezzati e giudicati equamente: spesso nel contesto lavorativo ricerchiamo la gratificazione di bisogni personali quali ad esempio quello di essere trattati giustamente, di essere apprezzati per il lavoro svolto e possibilmente premiati. Se però la nostra visione del lavoro si basa su questi bisogni ogni critica del capo o ogni mancato segno di approvazione ci renderanno frustrati e pieni di risentimento. Il risentimento aumenterà la sensazione di non star ottenendo i propri obiettivi e che questo avvenga a causa del capo o dei colleghi che non riconoscono la nostra competenza. Il rimuginio ansioso e l’emozione negativa provata ci porteranno a preoccuparci ancora di più rispetto al nostro futuro lavorativo. Inoltre i pensieri negativi potrebbero generalizzarsi, facendoci arrivare a pensare che non esista alcune giustizia nel mondo del lavoro e che le cose non vadano così come dovrebbero andare. Tali pensieri potrebbero conseguentemente portarci ad attuare condotte passivo aggressive come rimandare il lavoro da fare o il farlo in maniera poco accurata, attraverso le quali esprimere il nostro disappunto. L’effetto negativo è però quello di creare ulteriori preoccupazioni rispetto alla possibilità che il capo se ne accorga e ci critichi o, nel caso peggiore, ci licenzi.
Perfezionismo: si riferisce al timore di non riuscire a svolgere il proprio lavoro la meglio, timore che spesso ci spinge a lavorare molte ore in più rispetto al normale orario e a trascurare tutta una serie di impegni extra-lavorativi quali la famiglia, gli amici, lo sport ecc. Il rischio è quello di investire tutto il nostro tempo nel lavoro peggiorando la qualità delle relazioni familiari e interpersonali tagliandoci via la possibilità di ottenere gratificazioni da queste. Restringendo il nostro interesse unicamente al lavoro, aumenteremo anche le preoccupazioni relative a quest’ultimo. Se le gratificazioni dal lavoro scarseggeranno potrebbe instaurarsi una sindrome da burn-out, che oltre a peggiorare la nostra salute psicofisica ci farà sentire dei falliti anche nell’unico campo nel quale abbiamo investito tutte le nostre risorse.
Eccesso di lavoro: è ormai un dato dimostrato come negli ultimi venti anni le ore lavorative annuali siano aumentate rispetto al passato, un po’ a causa del desiderio di crescere e far carriera, un po’ dalla necessità economica. Di fatto l’aumentato investimento delle persone nel campo lavorativo non trova lo stesso tipo di aumentato impegno delle aziende nei suoi confronti. Infatti non sempre a tale impegno corrispondono i risultati sperati ma al contrario a volte si arriva alla perdita del lavoro a causa di fusioni aziendali, riduzione del personale ecc.
Declino del senso di comunità: per senso di comunità si intende il senso di collaborazione costante fra individui volto al raggiungimento di fini, valori o attività comuni. L’assenza di partecipazione ad una comunità della quale sentirsi parte al di fuori dal contesto lavorativo può renderci più vulnerabili. Sia perché manchiamo di un sostegno che possa aiutarci nei momenti di difficoltà lavorativa, sia perché può generare in noi la convinzione che i nostri bisogni personali possano essere appagati solamente dal lavoro.
Cosa fare?
Per leggere l’articolo completo:
Ansia e preoccupazione per il lavoro. Cosa fare? 9 suggerimenti da seguire
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