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Rimandare ovvero l’arte di procrastinare

Sei solito rimandare a domani? Se sei come la maggior parte della gente, risponderai affermativamente. Ma è altresì probabile che preferiresti non vivere nell’angoscia che s’accompagna all’aggiornamento sistematico delle cose da fare. Forse vuoi veramente portare a termine ciò che hai incominciato; eppure, per una qualche ragione, posponi, sospendi l’azione. Questa faccenda del procrastinare è un aspetto estenuante dell’esistenza. Se il tuo caso è grave, non passa giorno che tu non dica: “So che dovrei farlo adesso. Lo farò più avanti”. Di questa tua propensione erronea è difficile dare la colpa alle forze esterne. È tutta roba tua, tanto il procrastinare quanto lo sconforto che ne trai.
Ma si tratta di un atteggiamento erroneo pressoché universale. Pochissime persone possono dire in tutta onestà di non rimandare mai nulla. Benché a lungo andare si riveli dannoso, non vi è nulla di malsano nel comportamento che caratterizza questa, come del resto ogni altra, fascia erronea. Le cose rimandate non esistono nemmeno. Le cose, o si fanno o non si fanno. Se non si fanno, esse non sono tanto rimandate, quanto piuttosto non fatte, inattuate. Il tratto nevrotico è bensì rappresentato dalla reazione emozionale e dall’immobilizzazione che s’accompagnano al procrastinare. Se sei solito rimandare a domani, e questo ti piace, e non ti affliggono sensi di colpa o angosce o arrabbiature, seguita, per l’amor di Dio, e salta pure questo capitolo. Ma, per quanto riguarda la maggior parte della gente, la procrastinazione equivale a una fuga dal presente: i più, cosi facendo, non vivono il presente con tutta la pienezza possibile.
Le frasi che rivelano il sistema che permette al procrastinatore di mantenere il suo comportamento, sono: “Spero che le cose si aggiustino”.
“Vorrei che le cose andassero meglio”.
“Può darsi che si metta bene”.
Sono la delizia di chi rimanda: coi suoi “forse” “spero” e “magari”, ha un buon motivo per non concludere nulla, adesso. Tutto il suo sperare e tutto il suo auspicare non sono che perdita di tempo, insipienza di chi vive nel mondo delle favole. Per quanto spiri ed auspichi, non porta a termine nulla. Le sue son frasi che gli offrono la possibilità di non rimboccarsi le maniche e non applicarsi alle cose che aveva pur considerate abbastanza importanti da annoverarle fra le sue attività.
Tu puoi compiere tutto ciò che stabilisci di fare. Sei forte, hai delle capacità e non sei nemmeno un tantino fragile. Se rimandi al futuro, è perché cerchi di evadere dalla realtà, cadi in preda al dubbio e all’illusione. Cedi per debolezza nel presente, e speri che in futuro le cose si mettano bene. (…)

Dice Donald Marquis che procrastinazione è «l’arte di stare al passo con lo ieri» e, aggiungerei, «di evitare l’oggi». Essa funziona in questo modo. Vi sono determinate cose che vuoi fare. Non ti sono state imposte, le hai scelte liberamente. Molte di esse, tuttavia, non risultano mai fatte, sebbene tu ti dica che verranno fatte. La risoluzione di fare in futuro ciò che potresti fare adesso è un accettabile surrogato della sua attuazione, il quale ti permette di prenderti in giro da solo perché è come se ti dicessi che non ti comprometti se non fai ciò che hai deciso di fare. È molto facile: “So che devo farlo, ma veramente temo che non lo farei bene (oppure: che non mi piacerà farlo). Mi dico dunque che lo farò, così non devo ammettere con me stesso che non mi accingo a farlo. In tal modo mi è più facile accettarmi”. Questo è il ragionamento conveniente, ancorché fallace, che puoi far entrare in gioco quando ti si prospetta una cosa sgradevole o difficile.
Sono discorsi vani quelli di colui che vive in un dato modo e dice che in futuro vivrà diversamente. Costui aggiorna di continuo, e non gli si vede mai nulla di fatto.
Vi sono ovviamente dei gradi, nella procrastinazione. È possibile rimandare a un certo giorno, e portare a termine prima della scadenza. Ma anche qui può nascondersi una forma di autoinganno piuttosto comune. Se ti concedi un minimo assoluto di tempo per portare a termine un lavoro, puoi giustificare la sciatteria del risultato o un rendimento al di sotto del livello dell’eccellenza, dicendoti: “È che non ho avuto abbastanza tempo”. Ma di tempo ne hai quanto ne vuoi! Le persone veramente occupate portano a termine le cose. Se passi il tempo a lamentarti di quanto hai da fare (procrastinazione), si capisce che non te ne resta per farlo. (…)

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Alcune tecniche per non più rimandare a domani

  • Decidi di vivere a pieno cinque minuti per volta. Invece di pensare a impegni a lungo termine, pensa al presente e cerca di riempire cinque minuti con la cosa che intendi fare, rifiutandoti di rimandare ciò che potrebbe darti soddisfazione.
  • Mettiti a sedere e incomincia una cosa che hai rimandato. Incomincia una lettera o un libro. Scoprirai che non era il caso di rimandare tanto, giacché è assai probabile che, una volta smesso di procrastinarla, la cosa si riveli godibile. Il solo fatto di averla incominciata ti aiuterà ad eliminare l’ansia che ti procurava quando era soltanto un progetto.

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Rimandare ovvero l’arte di procrastinare

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