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La Resistenza al Cambiamento: un apparente paradosso

“Ciò che fa naufragare i buoni propositi è la paura delle innovazioni indispensabili per realizzarli”

 

La storia della vita sulla Terra è la storia dell’adattamento all’ambiente, attraverso una serie di mutazioni e selezioni e chi non si adatta, non sopravvive.

È il principio di Selezione Naturale teorizzato dal biologo e naturalista britannico Charles Darwin.  L’azione della selezione naturale è un’interazione continua tra i singoli individui e l’ambiente e quest’ultimo premia chi si adatta nel modo ottimale, quindi chi è capace di cambiare in base alle esigenze esterne.

L’essere umano è capace, nella realtà della vita quotidiana, di adattarsi potenzialmente a tutto. Con una peculiarità:l’unico essere vivente che pone una notevole Resistenza al Cambiamento.

Chi sceglie di impegnarsi in una psicoterapia è importante che sappia che lo scopo di essa non è solo quello di comprendere qualcosa che non si riusciva a capire o vedere ciò che non si riusciva a distinguere, ma soprattutto cambiare qualcosa della propria persona, dei propri rapporti con gli altri, del proprio ambiente.

Tale  cammino può essere faticoso soprattutto a causa di forze interne ed esterne che possono opporsi al cambiamento.

Per quanto riguarda gli ostacoli esterni che si oppongono al cambiamento, ci possono essere partner, familiari, amici, collaboratori ecc., insomma tutti coloro che non vedono con favore un nostro mutamento, magari un aumento della nostra indipendenza, autostima, sicurezza e autocontrollo, in quanto queste trasformazioni potrebbero indurci a stabilire nuovi rapporti sociali preferibili rispetto a quelli correnti.

Vogliamo tuttavia occuparci in questo articolo delle più importanti forze interne, quasi sempre inconsapevoli alla persona, che si oppongono al cambiamento.

Iniziamo con il farci delle domande: siamo tutti pronti ad accogliere un cambiamento? Ad abbandonare vecchi schemi e buttarci in qualcosa di sconosciuto? Davvero vogliamo un nostro cambiamento? O desideriamo sia l’ambiente o l’altro a cambiare?

Purtroppo (o per fortuna) quando arriva un cambiamento non siamo tutti ugualmente disposti a coglierlo ed a percorrerlo:  “non posso cambiare”, “non voglio cambiare”, “sono gli altri che devono cambiare”, ”vorrei cambiare, ma per me è impossibile”, “cambiare mi spaventa” sono obiezioni ricorrenti.

Non tutti riusciamo facilmente a metterci in gioco, non tutti riusciamo ad affidarci, ad abbandonare certi schemi che ci sono stati magari utili e funzionali fino a quel momento.

Certo, durante i colloqui di psicoterapia il cambiamento è la richiesta più gettonata.
Ognuno di noi vorrebbe superare le proprie angosce, liberarsi dalle dipendenze, uscire dalla depressione, sentirsi più sicuro, potenziare l’autostima.
Tuttavia, solo pochi sono disposti a modificare certe peculiari abitudini per inoltrarsi lungo strade che ancora non conoscono, poiché ogni trasformazione è un tuffo nell’ ignoto, anche quando ci sembra di aver pianificato le cose con la massima cura.

In effetti la maggior parte delle persone trova difficile abituarsi ai cambiamenti, a partire da quelli minori quali il  cambio di stagione, il cambiamento del fuso orario, un cambio nel proprio regime alimentare,  a quelli più importanti che avvengono nelle dinamiche familiari, sociali e lavorative.

A livello teorico sembra tutto facile: se non ci piace una cosa, basta cambiarla. La realtà non è così semplice perché subentrano dei meccanismi che limitano il nostro agire: si presenta ciò che in psicologia si conosce come “resistenza al cambiamento”.

 

Resistere al cambiamento

La resistenza al cambiamento è una sorta di reazione/risposta al cambiamento, è la manifestazione di come l’essere umano tenda a mantenere il più possibile un’omeostasi, un equilibrio generale, acquisito in precedenza.

Quest’ultimo è una condizione di stabilità di un sistema animato o inanimato che tende a rimanere tale anche in presenza di perturbazioni esterne.

Un classico esempio di funzionamento omeostatico è il termostato. Anche se la temperatura esterna varia, il termostato accenderà o spegnerà il sistema di riscaldamento o raffreddamento fino a riportare la temperatura al valore prestabilito.
La nostra mente reagisce un po’ come il termostato, è abitudinaria per natura e dunque cambiare le costa energia e sforzo, per questo resiste. Tendiamo quindi a mantenere un equilibrio, anche quando  magari questo non è più funzionale al nostro benessere.

La persona  potrebbe tendere a boicottare la sua stessa terapia poiché quell’omeostasi raggiunta, per quanto disfunzionale, la rassicura e cambiare non è facile, richiede un forte dispendio di energie.

Scegliamo allora di mantenere vivo uno stile di vita poco gratificante o doloroso pur di non essere costretti a gestire le trasformazioni necessarie al benessere.

Altre volte la “resistenza” può essere dovuta alla paura di perdere il cosiddetto vantaggio secondario, implicito nel sintomo. Ad esempio, il soggetto che arriva ad usare le sue manifestazioni di malessere per ottenere attenzione, accettazione, o l’essere dispensato da determinato compiti e/o obblighi,  ed è evidente che guarendo non potrebbe più ottenere tutto questo.

Rassicuriamoci, un’iniziale resistenza al cambiamento in un percorso di terapia è qualcosa di naturale, spesso le persone si dimostrano ambivalenti rispetto al loro desiderio di cambiare ed in parte tale ambivalenza va rispettata ed accolta con empatia e accettazione, prima di poterci lavorare sopra.

L’ambivalenza dà indicazioni sui desideri della persona e i relativi timori di fallire o assumersi nuove responsabilità.

 

Cosa non ci permette di realizzare il cambiamento? 

Prima di tutto è importante capire cosa ci impedisce di cambiare. Conoscere le dinamiche che abitano la nostra mente è necessario ed indispensabile  per poterle gestire al meglio.

Si tende a sviluppare resistenza per difendere la propria zona di confort, per evitare l’incertezza che il cambiamento potrebbe portare: sappiamo ciò che lasciamo, ma non a cosa andiamo in contro.

Cambiare significa abbandonare vecchi modi di comportarsi e di ragionare, acquisendo nuovi significati con cui interpretare le proprie esperienze: siamo abituati a reagire sempre nello stesso modo di fronte a situazioni simili, perché il nostro cervello è abituato così.

Dobbiamo quindi “lavorare” a livello cognitivo per poter favorire il cambiamento. Ecco alcuni aspetti da conoscere bene:

  1. Comprendere che è necessario cambiare.In alcune circostanze potremmo non avere molto chiaro che è necessario cambiare, soprattutto se ci sentiamo relativamente sicuri nelle nostre consuetudini, ci illudiamo che le cose che abbiamo fatto per tanti anni continueranno necessariamente a funzionare.
  2. Paura dell’incognita.La paura di ciò che non si conosce e dell’incertezza è una delle ragioni principali di opposizione al cambiamento. Ci lanciamo verso l’ignoto solo se sappiamo che ciò che ci attende valga la pena, insomma ci piace vincere facile
  3. Paura del fallimento.È un fattore di opposizione al cambiamento che poche persone ammettono, quello di credere di non avere le competenze, le abilità o le forze necessarie per affrontare la trasformazion e o di non avere conoscenze e strumenti adeguati a raggiungere il risultato prefissato.
  4. Tendenza all’evitamento. Si attiva quasi sempre quando agire spaventa o le insicurezze prendono il sopravvento. Allora la prima tentata soluzione è l’evitamento delle situazioni nuove. Accade spesso che si inizia ad evitare qualsiasi situazione che metta a rischio la propria sicurezza psicologica. Cosi si finisce però per rinchiudersi in una campana di vetro dove ci si sente al sicuro ma non si evolve. Inoltre l’evitamento è una trappola pericolosa. Fuggendo dalle situazioni stressanti si dichiara a se stessi la propria inadeguatezza e questo non fa altro che aumentare maggiormente paure ed insicurezze. L’evitamento ci renderà ancora più fragili.
  5. Attaccamento alle abitudini.Se abbiamo fatto le cose in un certo modo per molto tempo, sarà molto difficile modificare questi modelli di comportamento. Ciò è dovuto, tra l’altro, al fatto che nel nostro cervello esistono già “autostrade neurali” attraverso le quali quelle abitudini corrono veloci e senza fatica, quindi il cambiamento richiederebbe che ne costruiamo di nuove, ma il nostro cervello di solito tende sempre ad applicare la legge del minimo sforzo.
  6. Dissonanza cognitiva.In alcuni casi il cambiamento rappresenta un punto di rottura con alcune delle nostre credenze o opinioni, il che genera una dissonanza cognitiva,contrasto interno che non siamo disposti ad assumere.
  7. Scarsa motivazione.Ogni cambiamento richiede sempre la mobilitazione di un tot di risorse, quindi se non abbiamo abbastanza motivazione, non avremo energie per costruire il cambiamento.
  8. Predisposizione personale al cambiamento.Ci sono personalità più propense al cambiamento mentre altre restano legate a ciò che conoscono.

Conclusioni

Muoversi verso una direzione ignota significa assumersi ogni rischio con consapevolezza di poter fallire. Questo induce l’individuo a convincersi che il pericolo che si corre cambiando sia maggiore di quello che si ha rimanendo fermi. Si sceglie la certezza, anche se si è – almeno parzialmente – coscienti che l’immobilità dello status quo non ci porterà lontano.

Questo è il principale motivo per cui si può affermare che gli esseri umani sono per istinto conservatori. 

In questo istinto gioca un ruolo fondamentale l’appartenenza al gruppo. Gli individui innovatori, le persone più caratterialmente propense a cambiare, a rinnovarsi, a mantenere una forte elasticità mentale, si espongono al giudizio comune più di tutte le altre. Motivazione e determinazione a perseguire il cambiamento possono indubbiamente, infatti, essere vissute come fattori inquietanti, capaci di mettere a repentaglio l’equilibrio sociale.

In tutti i casi, la vita stessa è ed sarà cambiamento. Schopenhauer lo disse: “Il cambiamento è l’unica cosa immutabile”. Ecco perché è fondamentale sviluppare un livello di tolleranza al cambiamento che ci permetta di affrontare le trasformazioni senza compromettere troppo il nostro equilibrio psicologico.

Autore © Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

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