Little Fires Everywhere, trama e dinamiche psicologiche
La serie è tratta dall’omonimo romanzo di Celeste Ng.
La trama
“Continuiamo a bere del pessimo vino preoccupati che i calici siano di cristallo“. Questa frase di Mirco Stefanon non ha nulla a che vedere con Little Fires Everywherema ne descrive l’essenza.
Protagoniste delle serie sono l’impeccabile Elena Richardson (Reese Witherspoon) e la schietta Mia Warren (Kerry Washington). Le due donne sono la perfetta antitesi l’una dell’altra: Elena, ossessionata dall’apparire, programma minuziosamente ogni singolo giorno, rapporti sessuali compresi (rigorosamente fissati per mercoledì e sabato). Mia, vive alla giornata, si sposta da una città all’altra e disprezza classismi ed etichette. C’è un altro dettaglio non trascurabile su Mia, è nera.
La miniserie è ambientata negli anni ’90 a Shaker Heights, un sobborgo alle porte di Cleveland dove lo sviluppo immobiliare e le regole civiche sono scandite da un’urgenza politica: consentire l’integrazione dei neri.
Il primo episodio si apre con la scena di un crimine, un incendio doloso con la casa di Elena (che somiglia di più a un castello delle favole) che va in fiamme. Da questo momento, si riavvolge il nastro per arrivare a narrare tutti gli sviluppi a partire dall’incontro tra Elena (la bianca borghese) e Mia (la nera spiantata).
La serie vive di contrasti, Elena ha una famiglia che all’apparenza è perfetta, una casa da sogno e discende da una famiglia benestante. Mia è una mamma single, squattrinata e proviene da una famiglia di ceto medio-basso. Mia ha molti scheletri nell’armadio, segreti che saranno svelati episodio dopo episodio e soprattutto, scontro dopo scontro.
Little Fires Everywhere racconta la storia di una donna ossessionata dalle apparenze, dall’ideale di famiglia perfetta e, all’opposto, di una donna nera che disprezza tutto ciò che è apparire.
Dinamiche psicologiche
Attenzione!
Da leggere solo dopo la visione. La spiegazione delle dinamiche psicologiche è ricca di spoiler.
Nonostante le diverse estrazioni socioeconomiche, è curioso vedere come entrambe le famiglie di origine (quella di Elena e quella di Mia) tenessero in modo esasperante alle apparenze.
La pressione genitoriale e la cura maniacale per l’apparire, ha avuto effetti diametralmente opposti sulle due protagoniste: Elena si è uniformata agli standard dettati dalla famiglia, fino a renderli il credo principale su cui basare la propria esistenza. Mia si è sentita costretta ad allontanarsi da casa per eliminare l’etichetta di sgualdrina e ripudiare tutto ciò che è “apparire”.
Mia è stata messa a dura prova dalla vita: la sua omosessualità nascosta, la perdita del fratello prima e della compagna dopo, genitori che preferendo l’apparire le hanno negato addirittura la partecipazione al funerale del fratello, la precarietà economica e il dover convivere con scelte difficili.
Mia si allontana presto dalla famiglia di origine e per emanciparsi si sposta a New York. Vediamo che la città di New York rappresenta l’emblema della libertà sia per Mia che per Elena. Sogno che Mia tenta di perseguire spostandosi a New York ma che Elena sfiora appena ritornando poi nella sua città natale.
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