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Paura delle emozioni

Le emozioni sono parte della nostra vita e si legano al nostro modo di percepire e reagire alle cose e persone, possono essere sollecitate tanto dall’esterno (l’“oggetto” è fuori di noi) che dall’interno (l’“oggetto” è un pensiero, un’idea, un ricordo).
In generale, le emozioni e i processi cognitivi vanno insieme quando questi ultimi sono capaci di ascoltarle, leggerle, interpretarle, agirle. Anche un pensiero distratto può suggerire l’emozione e questa la fa da padrona se la cognizione vuole il controllo anziché porsi all’ascolto.

Molti di noi si impegnano per non sentire le emozioni, razionalizzando tutto o trattenendosi. Ma questo non aiuta, anzi.

Tutti evitiamo, almeno in parte e in certe occasioni, di “sentire” le nostre emozioni, ed alcune persone riescono a non sentirle per niente.

A questo scopo impiegano buona parte delle loro energie, magari diventando iper razionali, illudendosi con ciò di avere il controllo completo di qualunque cosa accada.

Spesso le persone son consapevoli di tutto ciò, ma non sanno come uscirne. Essere consapevoli del problema a livello razionale, infatti, può non essere di nessuna utilità, anche perché la partita si gioca ad un altro livello.
Un groppo in gola, una stretta allo stomaco, i tremori, i sudori, la tachicardia (le sensazioni fisiche collegate alle emozioni) sono poco gestibili attraverso parole, ragionamenti e buon senso.

Se alle sensazioni fisiche provocate dalle emozioni non attribuiamo un significato (collegandole al nostro stato emotivo) non ci comunicano niente, e rimangono confinate nel mondo del corpo fisico: diventano fastidi, sintomi, dolori, sensazioni inspiegabili, o anche un sottofondo con il quale ci si abitua a convivere.

In natura non esiste il conflitto emozionale, appartiene alla specie umana, solo gli animali domestici possono subire quest’accesso per la comunicazione confusiva perpetrata dall’uomo.

Perché abbiamo paura delle emozioni?

Le emozioni infatti sono qui per darci una mano a comprendere cosa fare, per difenderci o proteggerci dal pericolo e per aiutarci a prendere la decisione giusta.

A volte però esse possono diventare il nostro nemico poiché – se non ascoltate, negate o scacciate –  possono aggiungere sofferenza al disagio (ansia, paura, rabbia ecc.) o farci vivere situazioni conflittuali (emozioni ambivalenti o poco chiare, confusione interiore).

Possiamo desiderare di non sentire la rabbia, perché possiamo immaginare le sue conseguenze in modo catastrofico: potremmo reagire, dire delle cose a qualcuno, interrompere una relazione…

Qualcuno potrebbe avere difficoltà ad ammettere di aver paura di qualcosa: ammetterlo potrebbe portare questa persona a vergognarsi di se stessa. Allo scopo di fuggire la vergogna, allora potrebbe impegnarsi nel non sentire la paura.

La paura dilaga, soprattutto, a causa della nostra fervida immaginazione.

Avete mai visto un gatto inseguito da un cane? Se riesce a raggiungere una posizione a cui il cane non può arrivare, si mette immediatamente tranquillo. Il cane può continuare ad abbaiare e ringhiare, ma, una volta al sicuro, il gatto può addirittura essere preso dalla sonnolenza.

Un’antilope sfugge ad un leone, e quando arriva a 500m. circa si mette tranquilla: a quella distanza è assolutamente al sicuro. Ad un essere umano non basterebbero neppure 5 chilometri, perché farebbe mille ipotesi e mille congetture.

Tendiamo  a rimuginare sui fatti accaduti, rischiando di provare paura in continuazione.Con la parola rimuginare si intende quel meccanismo mentale in cui  pensieri  sono ripetitivi, eccessivi, costanti e improduttivi a tal punto da provocare disagio o difficoltà nella vita quotidiana. Viene anche definito come la malattia del pensare avanti e indietro, perdendo un po’ il contatto sul presente.

Preoccuparsi un po’ può essere appropriato e utile per affrontare determinate situazioni, e spesso lo facciamo proprio con l’intento di trovare soluzioni, di essere preparati a certi eventi e di placare l’ansia riguardo quell’argomento. Tuttavia la maggior parte delle volte questo riflettere, all’inizio funzionale e utile, sfocia in un presentarsi ripetitivo ed inutile degli stessi pensieri.

Allo scopo di non sentire le emozioni vengono messe in atto diverse strategie:

  • Razionalizzare: la razionalità è uno strumento a disposizione dell’uomo, ma non è la sua essenza. Un uso eccessivo della razionalità porta a distaccarsi dalle emozioni e dalle sensazioni fisiche, diventando un po’ “stranieri a se stessi”.
  • Trattenere: in una società come quella in cui viviamo viene premiato l’autocontrollo e la capacità di trattenere le emozioni. Si tende a sovraccaricarsi interiormente, da cui una spinta ulteriore a trattenersi, per non diventare eccessivi nel caso ci lasciassimo andare.
  • Disconnettersi: la disconnessione dal mondo emotivo di solito si accompagna ad una disconnessione con il proprio corpo,  e rende difficile capire cosa piace e cosa no. Le uniche emozioni che si riescono a sentire sono quelle a volume particolarmente elevato, e questo porta alla ricerca di sensazioni forti per combattere il vuoto e la noia.

Visto che a volte ci impegniamo tanto nel non sentire, quasi quasi potremmo invidiare un rettile. Ma sarebbe un buon affare per noi? Sarebbe come turarci sempre il naso ermeticamente: ci difenderemmo, è vero, dai cattivi odori, però non potremmo sentire i profumi…

E’ anche vero che in alcuni casi è meglio non sentire o sentire moderatamente, a tratti: non possiamo e non dobbiamo sempre prendere tutto di petto.

Lettura consigliata:
Dott. Marco Forti
Psicologo – Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
Sessuologo Clinico

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