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L’importanza delle cose inutili: elogio alla futilità

Spesso si sente qualcuno chiedere:  a cosa serve un rossetto, un poster, un profumo, un determinato passatempo, l’ultima traccia del nostro gruppo rock preferito, un aquilone, uno specifico colore dei lacci delle nostre scarpe e perché no, una cover per il nostro inseparabile smartphone?

Ancor prima di cercare di controbattere a questo tipo di domande, imbarcandoci in lunghe discussioni, bisognerebbe cercare di capire qual è il senso di quel “serve”.

Servire a cosa? Essere utile per cosa?

Il problema è che, specialmente in un’epoca come quella attuale, nella quale si tende a monetizzare qualsiasi cosa, quando si parla di utilità si accenna, sempre e comunque, un fine pratico.

Quando si usa il termine “utile” si pensa cioè a qualcosa che abbia un valore economico, a qualcosa che sia valutabile unicamente in termini di danaro.

E così chi domanda “a cosa serve questa cosa?” in realtà intende sapere “quanto danaro mi consente di ottenere?”

In effetti un rossetto, un vestito, un pettegolezzo, un ballo sono cose inutili, poiché la specie umana continuerebbe a perpetuarsi anche senza “amenità” simili. La perpetuazione della specie, pur tra varie difficoltà, andrebbe avanti comunque, come va avanti per le rane,i rinoceronti e le formiche, i cui comportamenti sono gli stessi di quando si sono manifestati come specie viventi.

Eppure la capacità di fare cose inutili, anzi, l’esigenza di fare cose inutili, è forse fra le cose che più di tutti ci distingue dagli altri esseri viventi e ci qualifica come umani. Scusate se vi sembra un aspetto marginale! Qualunque altro essere vivente fa solo ciò che serve per vivere. Non perde tempo a fare “l’inutile”. L’essere umano si o quantomeno può scegliere.

L’uomo sente il bisogno di fare cose inutili. Inutili per quello che concerne la sua semplice esistenza. Meravigliosamente inutili, come dipingere un quadro, scrivere una poesia, o ingegnarsi a rispondere ad un indovinello.

Dal punto di vista fisiologico potrebbe vivere ugualmente bene senza farlo. Il suo cuore continuerebbe a battere, i suoi reni a filtrare il sangue, le sue ossa a sostenerlo. Tuttavia è proprio grazie a questa nostra capacità, che a volte si trasforma in esigenza, che abbiamo, una Divina Commedia, i film di Fellini, le poesie di Ungaretti, gli assoli di chitarra elettrica, le sinfonie di Beethoven, le canzoni dei Beatles e degli U2.

Citando Nuccio Ordine: “In una società in cui l’utile sembra dettare legge in ogni ambito della nostra vita, mi  sembra opportuno ricordare che l’inutile è molto più utile dei soldi, in quanto unica occasione che abbiamo, come esseri umani, di distinguerci ed esaltare la nostra unicità.

Elogio dell’inutile che ci fa più uomini

Ricordo che Adriano Sofri, quando andava nella Sarajevo sotto assedio, negli anni Novanta a portare aiuto, riempiva le borse di rossetti, collant, bagnoschiuma profumati, specchietti e smalti per le unghie, e le ragazze bosniache ne erano felici. Molto più felici che di un pacco di pasta o di scatolette di tonno o delle medicine. Ci sono momenti in cui le cose inutili ci ricordano che siamo vivi, che abbiamo un’unicità.

E poi l’inutilità in senso oggettivo non esiste:  siamo noi che percepiamo utili o meno utili varie cose e situazioni.

Bisognerebbe semplicemente badare a ciò che ci dà piacere nel momento in cui lo facciamo e farlo senza troppe remore.

Rivendico l’inalienabile diritto a “sgarrare” e sostengo l’importanza di un’importante dose di inutilità.

Fare cose non solo perché servono, perché sono utili, ma farle perché piacciono e se ci piacciono ci fanno pure bene.

 

 

 

 

Autore © Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

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