Sogni e benessere psichico. Quale relazione?
I sogni possono essere straordinariamente nitidi o molto vaghi, possono essere ricchi di immagini felici, comprendere sensazioni spaventose, essere comprensibili o poco chiari e confusi.
I sogni hanno affascinato studiosi per migliaia di anni, ma solo recentemente sono stati oggetto della ricerca empirica e di studi scientifici, impegnati a scoprire se i sogni hanno una specifica funzione e qual è il loro ruolo nel funzionamento complessivo del cervello.
Chiusi nei laboratori del sonno, specialisti del sonno e dei sogni cercano di comprendere a che cosa possa servire al cervello quella onirica ideazione fatta di immagini ed emozioni che si attiva invariabilmente tutte le notti nelle menti addormentate.
Perché sogniamo? A cosa servono i sogni?
Sono state proposte molte teorie sul perché si sogna, in nessuna però vi è un pieno consenso, tuttavia i ricercatori suggeriscono che il sogno sia fondamentale per la mente, sia per il benessere fisico che per quello emotivo.
I sogni sarebbero il modo in cui il cervello ci permette di snellire la complessità del lavoro di consolidamento nella memoria delle esperienze di vita, di trasformare l’informazione in esse contenute per integrarle nel nostro repertorio di comportamenti e farne uno strumento che possa trovare un più ampio spettro di applicazione.
Essi sono il modo del cervello per elaborare, integrare e realmente comprendere le nuove informazioni : i sogni sono una chiara indicazione che il cervello che dorme sta lavorando sulle memorie su una pluralità di livelli. Il nostro cervello nella fase onirica lavora sulle cose che ritiene particolarmente importanti. Ogni giorno ci troviamo di fronte a una tremenda quantità di informazione e di nuove esperienze. Sembrerebbe che i nostri sogni pongano la domanda: “Come posso usare questa informazione per plasmare la mia vita?”
Numerosi studi hanno ormai dimostrato che il sonno esercita un’influenza positiva sul funzionamento della memoria, chiamata sleep effect . Lo sleep effect è dovuto a diversi fattori, come la riduzione delle interferenze causate dagli stimoli esterni che si verifica mentre si dorme, ma è anche la conseguenza di una funzione attiva del sonno nel consolidare le informazioni che sono presenti nella memoria.
I sogni non sarebbero affatto “figli di un cervello ozioso, ma i figli di un cervello assai operoso, che approfitta del sonno per consolidare le nuove esperienze e integrarle con il suo bagaglio di conoscenza in continua crescita.
Un’altra funzione dei sogni è quella di erodere progressivamente l’impatto emotivo dei ricordi di eventi spiacevoli, per far perdere loro forza, facilitandone l’integrazione non conflittuale nella memoria.
Nella nostra vita “da svegli” siamo sottoposti ad un bombardamento di stimoli e avvenimenti che non sempre riusciamo ad elaborare totalmente nell’arco della giornata. Esperienze emotivamente intense, talvolta travolgenti, drammatiche di cui non riusciamo immediatamente a comprenderne il senso.
Il punto centrale è che l’attività onirica consentirebbe la regolazione, che non è avvenuta nella veglia, delle emozioni associate a tali immagini. È come se la nostra mente agisse la stessa funzione delle piastrine nel sangue: cerca di rimarginare quelle ferite causate da determinate esperienze di vita diurna, di vissuti esperiti e che in qualche modo ci hanno “lesionati”.
La funzione del sogno allora non sarebbe solo difensiva, ma riparativa, perché volta a ripristinare l’equilibrio interno degli schemi che costituiscono l’organizzazione psichica del soggetto (l’immagine di sé, dell’altro, e di sé-con-l’altro) e che consentono di dare senso all’esperienza.
Un meccanismo quest’ultimo, che non funzionerebbe nelle persone affette da quella particolare condizione patologica che è il disturbo post-traumatico da stress , nel quale eventi traumatici realmente vissuti continuano a ripresentarsi nei sogni con tutti i dettagli e tutta la loro potenza psicologica distruttiva.
Il cervello ha una capacità di immaginare e creare biologicamente nuovi dati. Non è semplicemente un computer che occulta od elabora dati come possiamo essere portati a credere, ma al contrario, è un sistema aperto capace di elaborare nuove informazioni; in poche parole una parte di noi è inesorabilmente impegnata nella ricerca di un senso funzionale di realtà, anche là dove i dati che deve elaborare sembra non ne abbiano alcuno.
Autore © Dott. Marco Forti.
Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico
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