Viale Montegrappa 22, Grottammare / Corso Umberto I, n. 18, Civitanova Marche

Adolescenza: gli effetti della pornografia sullo sviluppo psicoemotivo dei giovani

Circa 800 ricerche al secondo per un totale di 28,5 miliardi di visitatori totali. Oltre 4 milioni di video caricati sulla piattaforma nel 2018. Una media di 81 milioni di visitatori al giorno. Sono numeri da capogiro quelli presentati da PornHub, uno dei siti più popolari in cui è possibile vedere video pornografici.

La durata media di una visita è di 10 minuti e 13 secondi, in aumento rispetto al 2017. L’età media è di 35 e mezzo. Gli utenti tra i 18 e i 34 anni generano il 61% del traffico.

Il numero dei minori che accede a questa piattaforma, almeno stando al dettagliato report presentato a gennaio 2018, non è invece altrettanto chiaro. Un dato effettivamente difficile da quantificare, dato che la pornografia è tecnicamente illegale per i minori in molte nazioni del mondo, Italia compresa.

Secondo una indagine condotta dal Telefono Azzurro e Doxa Kids nel nostro paese, pare tuttavia che il 35,9% dei ragazzi scambi immagini/video/testi con contenuti sessuali. ( Telefono Azzurro & Doxa Kids, 2015).

Pornografia e adolescenza: i rischi trascurati

Un uso diffuso insomma  per diverse ragioni: accessibilità, anonimato, gratuità. Internet mette a disposizione uno spazio virtuale enorme, un supermercato del sesso senza limiti di offerta.

I ragazzi accedono molto presto ai contenuti pornografici, nella maggioranza dei casi tramite lo smartphone; è lecito chiedersi, a questo punto, se ci sono e quali sono le implicazioni per la salute fisica, emotiva e sessuale dell’adolescente? Con quale impatto sul rapporto con l’altro/a e sulla relazione di coppia?

Il concetto di Imprinting

Le prime esperienze sessuali rappresentano un «imprinting» per quella che sarà la dinamica sessuale futura di ognuno. Il rischio è legato all’esito che avrà o che avranno gli esordi nella sessualità.

Quando l’esito non è positivo, si profila il rischio di rimanere intrappolati in un inesauribile bisogno di conferma della propria adeguatezza in tal ambito o peggio ancora, per evitare ogni confronto, di rimanere chiusi difensivamente nell’isolamento.

Il concetto di «imprinting» introdotto dall’etologo Konrad Lorenz – è inteso come apprendimento di base che si verifica in un periodo «sensibile» della vita – può essere riferito anche alle prime esperienze sessuali che avvengono durante l’adolescenza.
La qualità del tono emotivo, della percezione corporea e la valutazione cognitiva che caratterizzano la scoperta della sessualità da parte dei giovani, tendono a «fissare» le modalità e i vissuti di tali esperienze, riverberandosi sulla capacità di entrare in relazione affettiva e sessuale negli anni successivi o per l’intero arco della vita.

Ricordiamoci che il sesso, per il giovane, è uno degli strumenti di conferma del passaggio all’età adulta, reso ancor più significativo dall’attuale contesto iper-sessualizzato che ne testimonia un esasperato valore, perciò anche la sessualità agita è uno strumento che l’adolescente usa per raggiungere l’obbiettivo primario del suo percorso evolutivo che, oltre all’autonomia, consiste nel definire la propria “identità”, compresa quella sessuale.

Le prime esperienze sessuali  svolgono, a questo punto,  diverse funzioni.
Rappresentano una verifica della propria «normalità» anatomo-funzionale: attraverso una adeguata risposta del corpo si allontanano dubbi e timori rispetto ai cambiamenti puberali e alle relative aspettative e, ancora, nella costruzione identitaria, consentono di rafforzare il proprio orientamento sessuale.

L’età adolescenziale è un periodo di prove e sperimentazioni che condizionano il cammino della vita affettiva ed erotica futura. L’efficacia delle prime esperienze sessuali in termini di soddisfazione personale, del partner e delle sue aspettative, vere o presunte, continuerà allora a essere ricercata negli anni successivi e fino alla vecchiaia, come importante conferma.

Prime esperienze, dunque, da vedere come punto di arrivo e, al tempo stesso, punto di transito di un percorso evolutivo.

La pornografia  nell’adolescente che ha una personalità in formazione può allora generare  un’idea artefatta della sessualità, un’idea lontana di quelle che possono essere le relazioni, non solo sessuali, ma anche affettive.

I modelli proposti dal mondo della pornografia, chiaramente sono esasperati, sia per il modo di porsi, sia per la fisicità e trovano poco riscontro nella realtà. Un adulto è consapevole di questo, negli adolescenti invece il confronto con questi modelli diventa un ulteriore aspetto di penalizzazione, perché il giovane non riesce a riconoscere se stesso come sufficientemente capace, dotato o all’altezza di quelle situazioni.

Di fronte ai modelli di perfezione dei corpi mostrati dai porno non è facile sentirsi adeguati.

Ragazze e ragazzi, negli anni della adolescenza, tendono a sentire forte la pressione dei modelli dei media, con cui sentono di dover fare i conti,  come pure con l’immagine riflessa dagli occhi degli altri, che ne confermano o disconfermano il valore e le capacità.

Se poi il risultato finale del cambiamento corporeo messo in moto dalla pubertà non porta ai risultati sperati e delude le aspettative, è il cigno a trasformarsi in brutto anatroccolo o a vedersi tale e non il contrario, come la favola vorrebbe.

Tra le conseguenze dell’abuso di materiale pornografico si nota anche una riduzione del desiderio sessuale.

Questo perché la pornografia non fa altro che mettere in primo piano la meccanica dei due organi genitali, che continuamente vengono messi in scena in maniera pervasiva e quasi esclusiva. Questo aspetto della pornografia rischia di uccidere la capacità di desiderare nei giovani, facendogli credere che il sesso sia solamente un esercizio tecnico da cui trarre soddisfazione, una sessualità finalizzata al godimento immediato, un’esperienza disimpegnata, propria di una modalità di appagamento senza vincoli, una sessualità insomma scissa dalla dimensione emotiva e affettiva;  «fare sesso» come performance, come piacere immediato, come gesti e parti del corpo isolati, che allontana progressivamente dal coinvolgimento relazionale.

I rischi maggiori? L’assuefazione a stimoli erotici sempre più esclusivi che portano a percepire la sessualità reale come grigia o comunque insoddisfacente, a rapido rischio di noia e di usura; una rapida assuefazione (usura percettiva) e di conseguenza una spinta alla ricerca di nuovi stimoli, talvolta con modalità «bulimica» che può imprigionare per ore davanti allo schermo

Due, quindi, le conseguenze principali: frattura tra sesso con amore, desiderio e sesso solo erotico, con rapporti di breve durata e ricorso magari ad eccitanti (sesso chimico), con cocaina o metanfetamine per amplificare la sensazione erotica a livello cerebrale, e ad alcol o cannabinoidi per aumentare la disinibizione. La riduzione dello spazio del desiderio, della fantasia erotica personale, essenziale nella crescita del proprio immaginario erotico, mentre il  contesto pornografico suggerisce una sessualità immediata, prestazionale, un “tutto e subito che uccide il desiderio.

Non c’è attesa, non c’è più spazio per immaginare, per desiderare.

L’immaginario perduto

Straordinaria facoltà della mente umana, l’immaginario erotico rischia di diluirsi negli scenari preconfezionati della pornografia. Anche l’attività autoerotica non si avvale più, o solo per pochi, degli scenari erotici della propria mente: basta uno schermo.

Molteplici sono gli effetti che l’esposizione continua e incontrollata di immagini a contenuto sessuale possano determinare sul cervello in formazione nella preadolescenza e nell’adolescenza.

È  già possibile rilevare  la difficoltà per alcuni soggetti (in particolare nei maschi) a ottenere una risposta eccitatoria nell’intimità con un partner, laddove gli stimoli erotici non corrispondono alle situazioni e alle immagini assimilate nell’utilizzo autoerotico protratto e precoce della pornografia.
Le ricerche hanno dimostrato come la pornografia online determini una forte reazione emotiva, modificando la struttura cerebrale dell’emisfero sinistro.

Uno studio recente, condotto dal Max Planck Institute, ha indagato il volume della materia grigia nel cervello rispetto all’uso di materiale pornografico. La ricerca è stata condotta su soggetti maschi adulti considerati “forti consumatori di pornografia (“con più di 3 ore a settimana”). Attraverso il monitoraggio con risonanza magnetica, i ricercatori hanno osservato che il volume della materia grigia in determinate aree del cervello, è più piccolo in coloro che fanno un uso eccessivo di video pornografici rispetto a chi, invece, non ne è un consumatore abituale.

È inoltre possibile ipotizzare che più giovane sarà il soggetto che visualizza queste immagini, più sono riscontrabili conseguenze; in giovane età non è necessario che un’esperienza sia particolarmente intensa per esser traumatica e perturbante, questo perché il sistema nervoso non è ancora completamente sviluppato e, quindi, anche eventi lievemente perturbanti potrebbero agire comunque in modo traumatizzante per il soggetto.

Anche il Journal of the American Medical Association Psychiatry sostiene che l’uso della pornografia genera una riduzione della materia grigia del cervello e un sensibile calo di interesse verso il sesso reale.

I neuroscienziati individuano nella dopamina, un agente neuro-chimico rilasciato dal cervello, la spiegazione di tutto questo. La dopamina è il neurotrasmettitore della gratificazione che sta dietro al desiderio e alla sua soddisfazione.

La dopamina sale in particolare modo davanti a novità, specialmente se di tipo sessuale. La pornografia riesce a pungolare l’utente di continuo, offrendogli davanti “partner” sempre nuovi che, anche se virtuali, costringono il cervello a rilasciare dopamina in abbondanza.

Il risultato finale di questa continua ed eccessiva stimolazione artificiale della nostra dopamina tramite la pornografia, è proprio quello di abituare il nostro cervello a trovare motivazione e desiderio solo di fronte al rilascio di un certo livello di dopamina, al di sotto del quale tutto sembra di scarso interesse. Ecco perchè di fronte a questa alterazione, il contatto con la persona amata, abituale e privo di continue novità, può rilasciare stimoli neuro-chimici nettamente inferiori, con il risultato di farcelo apparire come se fosse un piatto freddo.

Il messaggio quindi è chiaro: la pornografia può rovinare sia il rapporto in formazione che quello stabile con il proprio partner.

La continua stimolazione di dopamina nel cervello, tramite materiale pornografico, provoca uno stato mentale alterato di totale dipendenza, simile a quello dei drogati.

Fortunatamente, il nostro cervello è plastico. Questo vuol dire che le connessioni neurologiche causate dalla pornografia non sono irreversibili. Smettendo il consumo di materiale pornografico, si tornerà ad un livello normale di rilascio di dopamina.

Ma non c’è soltanto  la riduzione del desiderio fra le conseguenze del trionfo della pornografia virtuale.

C’è anche una crescita della disistima. In una fase ancora di sviluppo e d’incertezza, quale è l’adolescenza, le performances dei protagonisti dei video erotici (le misure, la durata della prestazione) non vengono riconosciute come un’esasperazione della realtà, bensì vengono considerate la sua fotografia più veritiera e comune. E non sentendosi all’altezza, uscendo sconfitti dal confronto con suddetti modelli, non sono pochi coloro che si disorientano, elaborano un pessimo giudizio di se stessi, procrastinano la loro prima volta per paura del possibile fallimento o, peggio, del giudizio negativo da parte del partner.

Quando la distanza tra i modelli di riferimento e la capacità attribuita alle proprie competenze sessuali è troppo grande, il confronto nella realtà può essere vissuto come eccessivamente pericoloso e quindi da evitare.
In questi casi il «ritiro», risposta tipicamente maschile rispetto alla competitività, può rappresentare l’unica alternativa; la ferita narcisistica generata da esordi negativi potrà continuare a manifestare il suo effetto nel tempo.

Ne sono testimonianza le problematiche sessuali che definiamo «primarie» presenti da sempre nella storia del soggetto, alla cui origine si ritrovano spesso le difficoltà e i fallimenti nella fase adolescenziale.

Dal punto di vista organico l’eccesso di stimolazione virtuale,  aumenta le disfunzionalità, in particolare nei maschi, il bisogno di trovare conferme attraverso la prestazione sessuale e l’ansia per una performance troppo impegnativa, può tradursi in deficit erettivi o scarso controllo eiaculatorio.

Anche per le ragazze il materiale pornografico al quale sono sempre più esposte può indurre atteggiamenti imitativi e false aspettative.
Il timore di deludere il partner, di non apparire sufficientemente spregiudicate, il confronto con altre ragazze, può indurre profondi turbamenti. A rischiare di rimanere fuori scena sarà allora la capacità di sentire il corpo, il piacere dell’accoglienza e le molteplici sfumature che è capace di donare la sessualità femminile emotivamente vissuta.

L’ambiguità degli adulti di fronte al sesso

Il punto è che il rapporto degli adulti con la sessualità e la pornografia è piuttosto ambiguo. Da una parte ci si scandalizza e non si vuole che i ragazzi guardino il porno. Dall’altra però, si fatica a riconoscere che l’adolescente ha bisogno di scoprire qualcosa di più sulla sessualità.

Molti genitori restano a bocca spalancata quando scorrendo la cronologia dell’Ipad del proprio figlio, scoprono che sono stati visitati siti pornografici, alcuni minimizzano, altri si interrogano troppo ansiosamente su come affrontare il problema.
In realtà abbiamo la grossa occasione di dir loro che il sesso non è una performance tecnica, che agli esordi il rapporto sessuale è l’incontro buffo e imbarazzato tra due soggetti innamorati che decidono di donare all’altro qualcosa di molto intimo e prezioso. Che l’amore è una messa in gioco radicale.

Ciò che oggi i ragazzi conoscono del sesso  sono le differenti«modalità» di praticarlo, viste infinite volte nelle immagini e nei video.
Nulla invece sanno di ciò che le accompagna.
È di questo silenzio che dovremmo preoccuparci e occuparci.

 

 

Autore © Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

L’articolo rispecchia le opinioni dell’autore al momento dell’ultima modifica. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy e Copyright.

 

Leave a Comment

(0 Commenti)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Close