Viale Montegrappa 22, Grottammare / Corso Umberto I, n. 18, Civitanova Marche

La Sindrome da Crocerossina e la co-dipendenza

 

sindrome crocerossina psicoterapeuta roma

La Sindrome da Crocerossina, nota anche come Sindrome di Wendy, sorella dei tre fratellini nella favola di Peter Pan, si riferisce a quell’ insieme di comportamenti  presenti in persone molto accudenti e protettive, sempre tese a compiacere, gratificare e giustificare l’altro, anche a costo di sacrificare i propri bisogni e se stesse.

Infatti, proprio come la ragazzina fa da mamma ai bimbi sperduti nell’isola che non c’è, allo stesso modo la persona “soccorritrice” si occupa di chi ama, con dedizione completa e assoluta abnegazione.

La prima volta che Wendy incontra Peter Pan gli dice “Ho tenuto in serbo la tua ombra, spero non si sia sgualcita. Va cucita, posso farlo io, è un lavoro da donna!”.

Da qui è chiara l’influenza socio-culturale che per secoli ha visto la donna come angelo del focolare, educata al servizio e al sacrificio e che realizza se stessa solo nel compimento del suo “dovere” di figlia, moglie e madre, prendendosi cura dell’altro con smisurato spirito salvifico.

In tutto questo il partner diviene oggetto d’amore incondizionato e indiscusso, messo su un piedistallo e da lì mai più rimosso, soccorso sempre e comunque di fronte a qualsiasi ostacolo, anche a scapito del proprio benessere.

Attenzione però, non sto dicendo che in coppia non ci si debba sostenere, ma qui il discorso è ben più ampio. Qua si tratta di assecondare se non anche anticipare i bisogni del partner  ignorando le proprie esigenze e necessità, mettendo da parte ogni velleità in nome di un amore che “malamente” ci fa sentire vive e ancor peggio “utili”.

Le donne, si perché è maggiormente a loro che mi sto riferendo poiché sono culturalmente e socialmente le più predisposte a sviluppare questo schema relazionale disfunzionale, sono portate a “servire ed accudire” portando all’eccesso opposto il loro spirito materno, nel tentativo di rendersi  indispensabili per l’altro e mettersi così al riparo da un’eventuale abbandono e separazione.

L’altro diventa quindi un mezzo e non un fine, un modo per colmare il vuoto affettivo ed esistenziale che queste donne si portano dentro.

Ma chi è l’altro?

Nella maggioranza dei casi si tratta di partner problematici, misteriosi, inafferrabili, insomma il bello e dannato che razionalmente sappiamo essere una partita persa in partenza, ma per la donna o meglio per la tipologia crocerossina, diviene una missione, una sfida.

Non solo infatti il classico “Grazie a me cambierai”, ma a volte diventa una vera e propria fantasia d’onnipotenza per la quale molto volentieri le donne barattano l’amore: “Io ti salverò e sarò tutto per te, mentre tu non potrai fare a meno di me e anche per riconoscenza mi amerai!”

Si tratta di amorevoli attenzioni dietro cui in realtà si cela il tentativo di manipolare l’altro, legandolo a doppio filo a sé.  Dal canto suo l’altra persona si lascia spesso accudire e “salvare”, pur tuttavia poi rivendicare la propria autonomia non appena ritrovato il proprio equilibrio. L’altro diviene così vittima ed al contempo carnefice di una partner che, spogliata del suo ruolo di redentrice, deve fare i conti con la paura dell’abbandono, del rifiuto e con un forte senso di inadeguatezza.

Il tentativo di “risollevare” il partner conduce infatti l’altro a sottrarsi prima o poi dal ruolo di dipendente: ribelle, risentito e critico, cerca la propria autonomia e la compagna, in questo contesto, da risorsa diviene ostacolo e poi zavorra. “Allora la relazione si sgretola e la donna piomba nella disperazione più profonda. Il suo insuccesso è totale: se non si riesce a farsi amare neppure da un uomo così misero e inadeguato, come può sperare di conquistare l’amore di un uomo migliore e più adatto a lei? Si spiega così come mai queste donne fanno seguire a una cattiva relazione una peggiore: perchè con ciascuno di questi fallimenti sentono diminuire il loro valore. E sarà per loro difficile rompere questa catena finchè non saranno giunte a una comprensione profonda del bisogno che le riduce a comportarsi così.” ( Robin Nordwood, “Donne che amano troppo”, 1989)

Perché accudire l’altro? Cosa ci si guadagna?

Come detto, il prendersi cura dell’altro, può avere anzitutto un significato manipolativo tipico dipendenza o meglio della co-dipendenza:  se io ti curo e mi rendo per te indispensabile, necessariamente mi amerai e non mi lascerai mai.

Per saperne di più e leggere l’articolo completo: 

http://psicotime.it/sindrome-crocerossina-dipendenza-affettiva-psicologa-roma/

 

Leave a Comment

(0 Commenti)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Close