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La paura di sbagliare

Tutti commettono errori. È per questo che c’è una gomma per ogni matita.
(Proverbio giapponese)

 

Fin dalla nascita,  cultura e  società ci vanno  inculcando che commettere errori è qualcosa di negativo, di sbagliato, drammatico, da evitare a tutti i costi, poichè il cammino verso la realizzazione ci si aspetta (erroneamente)  che sia esente da errori e passi obbligatoriamente da un successo all’altro.

A scuola, gli errori venivano segnati con la penna rossa, un segnale di pericolo. Una strada da non percorrere.

È dai tempi delle prime esperienze scolastiche che siamo propensi a pensare che gli errori siano qualcosa da non fare, da punire o per cui provare vergogna e significativo rammarico.

Che cos’è l’errore?

Chi di noi si è imbattuto però nell’etimologia della parola “errore” ha scoperto che tale sostantivo, derivante dal verbo latino “errare”, contiene in sé un doppio significato:  da un lato “errare” significa aver smarrito la giusta via, deviare da quella che è o dovrebbe essere, la strada buona da seguire, dall’altro lato, per i latini,  “errare” significa pure viaggiare, pellegrinare, in riferimento al muoversi verso la  scoperta di luoghi “altri” che non si conoscono. L’errore quindi, se da un lato ci porta fuori da una norma, dall’altro è anche la necessaria deviazione che può consentirci di conoscere ed apprendere qualcosa di nuovo.

La paura di sbagliare spesso ci blocca, tuttavia gli  errori non rappresentano solo un pericolo bensì un’opportunità; non vanno demonizzati, o scongiurati a tutti i costi, bensì accolti come un ingrediente necessario, e spesso prezioso, di ogni esperienza.

Lo scrittore G. Rodari ne sottolineava la necessità e aggiungeva che “…sono utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa.

 Gli errori ci permettono di sperimentare, di esplorare per  individuare la scelta migliore.

Gli errori ci rendono persone più resilienti. Gli errori ci permettono di aumentare la nostra tolleranza alla frustrazione, ci costringono a maturare, adattarci.

Vedo mamme che temono che i loro piccoli cadano per imparare a camminare, ma non correranno mai se non imparano attraverso il rimbalzare sul sedere, prova dopo prova.

L’errore, ovvio, può avere anche effetti negativi, ma se agire con prudenza è necessario per prevenire i rischi, demonizzare gli errori e lasciare che la paura di sbagliare ci blocchi è un rischio ancora più grande.

Primo passo: accettare l’errore (siamo fatti per sbagliare)

L’errore è ciò che ci rende  ciò che siamo. Quando non sappiamo accettare un errore, non accogliamo la nostra stessa natura umana e questo si che può  convertirsi  in un ostacolo sul nostro percorso, che lacera la nostra autostima e ci fa restare impaludati. Ammetti i tuoi errori: lo sbaglio più grande è quello di coloro che tentano a tutti i costi di negare i loro errori, non assumendosene la paternità si privano anche della possibilità di migliorare attraverso questi.

Chi non è in grado di vederli o di ammetterli continuerà a ripeterli.

Il nostro stesso cervello si è evoluto per sbagliare: una ricerca scientifica, pubblicata sul Journal of Cognitive Neuroscience avvalora che impariamo più dagli errori che dai successi, poiché l’effetto sorpresa provocato dall’errore facilita e potenzia l’apprendimento.

Quando ci troviamo di fronte a una situazione analoga a una precedente in cui abbiamo sbagliato, dal lobo temporale del cervello parte un allarme: bastano 0,1 secondi per avvertirci che stiamo per sbagliare di nuovo, permettendoci di correggere il tiro. Il tutto grazie all’errore.

Il nostro cervello, da quando siamo venuti al mondo, è strutturato per fare errori e apprendere da essi.

Errori ed autostima

Le persone vivono spesso immaginando di essere sempre sopra una passarella o un palcoscenico. Pensiamo di essere sempre sotto i riflettori, che i nostri passi verranno seguiti, che il pubblico è pronto ad alzare le palette con i voti per noi, che non possiamo concederci errori.

Prima ancora di fare un errore, ci sentiamo paralizzati dalla paura di mancare: temiamo non tanto le possibili conseguenze dell’errore, ma soprattutto il giudizio negativo degli altri, la derisione,magari pure il rifiuto.

Ma, sorpresa, non è così, i nostri errori non sono il centro del mondo e ci sorprendemmo davvero molto se sapessimo di quanti piccoli sbagli, passino in realtà inosservati.

Spesso siamo noi i primi a lamentarli e quindi a renderli visibili, siamo i primi a sottolinearli (“ecco, ho sbagliato come sempre le cose”, “ho preso la decisione sbagliata”, “non dovevo venire a quest’ora” etc) mentre i molti non si accorgerebbero di nulla, anzi, penserebbero che non siamo poi così male se smettessimo di lamentarci di quello che siamo.

I nostri passi non sono seguiti da tutti,come pensiamo, e questa dinamica di paranoia ci autodistrugge soltanto.

Obiettivo: fare errori

Come scriveva il poeta Eli Siegel, possiamo parlare di un vero sbaglio solo quando non ci porta da nessuna parte, quando non ci fa vedere niente di nuovo.

Può sembrare paradossale, ma in una situazione complessa non solo è importante accettare e riconoscere i propri errori, ma può essere utile fare qualcosa di più: commetterli deliberatamente.

Un mio vecchio assistito soleva dire: “…ho imparato così tanto dai miei errori, che sto seriamente pensando di farne altri…”

La società multinazionale Procter & Gamble ha coniato lo slogan: “fail often, fast and cheap”, cioè “sbaglia spesso, velocemente e con pochi costi”. Un invito a non vedere l’errore come un nemico ma come un compagno di viaggio inevitabile e prezioso.

Meglio mettersi l’anima in pace e accettare il fatto che quando si affronta un compito gli errori ci saranno per forza, e ci aiuteranno a imparare prima. Lo stesso principio possiamo applicarlo alla nostra vita: per identificare soluzioni sempre più efficaci dobbiamo mettere in conto di sperimentarne altrettante di inefficaci.

Frutto di una serie infinita di errori siamo anche noi esseri umani: ci siamo infatti evoluti grazie a mutazioni genetiche (cioè a errori nel processo di divisione cellulare) che, grazie alla selezione naturale, sono sopravvissute perché vantaggiose. L’evoluzione stessa, cioè, è basata sugli errori.

 

Dott. Marco Forti

Psicologo, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale, Sessuologo Clinico

 

 

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