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Igiene mentale e coronavirus

Attualmente stiamo affrontando uno scoppio epidemico di proporzioni storiche, nel giro di poche settimane il coronavirus ha raggiunto oltre 168 paesi; questa situazione verrà narrata e scritta per decenni a venire.

Tutti noi siamo nella condizione di dover riconsiderare le nostre abitudini e chiederci cosa possiamo fare per stare al sicuro, ma se accendi un computer, telefono o televisione siamo inondati da informazioni al riguardo e questo porta l’epidemia ad essere anche psicologicamente faticosa e per questo non si devono dimenticare i nostri bisogni emotivi.

Sento di poter affermare che in questi giorni abbiamo, un po’ tutti, spesso almeno tot minuti al giorno a preoccuparci del coronavirus, in quanto ci troviamo a fronteggiare un pericolo reale, sconosciuto fino a mesi fa, di cui non conosciamo le caratteristiche.

Ora, in assenza di informazioni certe, la mente calcola, lavora, pondera, analizza, in breve tende a rimuginare incessantemente a fronte del continuo e incerto flusso di notizie che arrivano; tornare tante volte sui dati, considerare le alternative da mille punti di vista crea un nuovo tipo di virus, un virus mentale chiamato rimuginio.

Anche questo virus è subdolo e si auto riproduce, tende a duplicare, triplicare se stesso, generando valanghe di pensieri soffocanti, che paralizzano le azioni e fanno lievitare le emozioni negative: ansia, tristezza, rabbia, senso di impotenza.

Se passiamo le giornate a tormentarci sulla possibilità di essere infettati dal covid 19 o sul capire chi ci darà l’indicazione giusta, allora anche noi abbiamo contratto il virus del rimuginio, che ha la straordinaria capacità di amplificare qualunque emozione negativa.

Perché anche questo virus è cosi facile da contrarre, trasmettere e ancora di più da eliminare?

Alla base del virus  ci sono convinzioni erronee e false credenze rispetto l’utilità del rimuginare.

Per esempio chi rimugina si convince che ciò lo aiuti ad esser preparato: la persona che rimugina pensa in maniera dettagliata e articolata a tutti i possibili scenari che potrebbero verificarsi, anticipando mentalmente anche i suoi stati emotivi e le possibili modalità di reazione. Il rimuginatore si convince illusoriamente che sarà in grado di gestire uno di quegli scenari, nel caso si verificasse, avendolo già ampiamente analizzato.

Altrettanto erroneamente la persona  ritiene che rimuginare sia utile perché ciò lo aiuterà a soffrire meno nel momento in cui si verificheranno le minacce che ha anticipato nella sua mente, ma anche questo si rivela inesorabilmente falso.

Infine vi è chi considera il rimuginare  una forma di pensiero produttivo, in realtà non conduce mai all’elaborazione di un piano concreto ed efficace di risoluzione dei problemi. Del resto, come è possibile trovare delle soluzioni a problemi ipotetici?

Come possiamo aiutare le persone a smettere?

Il rimuginio è un’attività della mente e come tale è soggetta a controllo volontario. Allora è possibile allenare l’attenzione a riconoscerlo e metterlo da parte.

Come? Facendo attività fisica, respirando in modo consapevole, concentrandoci su stimoli differenti e astenendoci, soprattutto, da tutti quei comportamenti che aggiungono nutrimenti al processo del rimuginare.

Se si ha un tarlo mentale, meglio non fornirgli del nuovo legno.

 

Autore © Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

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