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Il male concreto del malato immaginario: l’ipocondria

Le malattie sono uno dei più diffusi motivi d’ansia.

La medicina, fin dalle origini, non è altro che l’incessante tentativo di calmare queste paure, di allontanare la morte guarendo le malattie.

Si stima che il 10% della popolazione sia preoccupata riguardo alla propria salute e che il 2%-7% risponda ai criteri diagnostici dell’ ipocondria. Ciò significa che, solo in Italia, ne soffrirebbero da un milione a circa 3 milioni e mezzo di persone.

La caratteristica principale dell’ipocondria, o l’ansia connessa allo stato di salute, è la credenza, basata sull’interpretazione erronea di segni o sintomi fisici, di avere o di stare sviluppando una grave patologia, senza che un’accurata valutazione medica  abbia trovato motivi sufficienti per giustificare tali timori.

Ogni piccolo malessere o sensazione corporea inusuale sono interpretati come segno di qualche seria patologia, spingendo a consultare  specialisti e a sottoporsi ad esami che però procurano un sollievo di breve durata: accantonato un sintomo, presto se ne percepisce un altro, in cerca di una rassicurazione impossibile da ottenere.

L’attenzione è focalizzata sul proprio corpo, che viene controllato di continuo nel tentativo di identificare una malattia o controllarne la sua genesi. Anche sensazioni fisiche innocue  sono ingigantite e viste come espressione di una malattia sottostante.

Le persone ipocondriache sono allarmate da ogni piccola sensazione fisica come un lieve “dolore”, spesso sono soltanto fisiologiche sensazioni propriocettive di cui non siamo consapevoli e che rimangono al di sotto del livello di coscienza. Le persone sofferenti scambiano i “sintomi” con  parametri oggettivi.

È caratteristico il bisogno ossessivo di controllare la ritmicità del proprio battito cardiaco e la funzione del cuore in genere, la persona può essere preoccupata da un banale raffreddore o per un passeggero disturbo intestinale. Un’altra manifestazione dell’ansia ipocondriaca è la paura o la convinzione di avere una parte del corpo fragile e delicata (schiena, gola, bronchi) e la conseguente paura di potersi ammalare più facilmente degli altri.

L’ipocondria può essere un tipo di ossessione. La persona è tormentata da un pensiero circa la possibilità di avere una malattia, e istintivamente tenta di trovare razionalmente una risposta, ovviamente sperando di trovarne una rassicurante.

La rassicurazione è deleteria, perché alimenta il “circolo ossessivo”, e “desensibilizza” il cervello alla rassicurazione automatica, cioè rende ogni incertezza inaccettabile, ogni dubbio sufficiente a motivare angoscia e richieste di chiarimenti. Il paziente, anziché puntare a cacciar via l’ossessione con la dovuta pazienza, può insistere sull’avere una risposta sulla sua paura di avere una o l’altra malattia.

Questo tipo di meccanismo, che normalmente funziona, nel disturbo gira a vuoto, perché a livello razionale non esiste mai una certezza assoluta:  una persona di fronte ad un dubbio, normalmente si da una risposta non completamente certa, ma che gli basterà a prendere una decisione o a concludere che non c’è da preoccuparsi. Se invece la preoccupazione nasce “male” come ossessione che esige una risposta “certa”, nessuna possibile risposta sarà sufficiente. Anzi, ogni risposta incompleta porterà altri dettagli che apriranno nuove domande o nuovi punti di incertezza da chiarire.

Nessuna rassicurazione è convincente per l’ipocondriaco, sempre alla ricerca di qualcuno che lo stia veramente a sentire.

Alla fine, la persona si troverà assediata da mille interrogativi che moltiplicheranno il suo terrore di avere la malattia. Anziché mille “probabili” spiegazioni per concludere che non è malato, avrà mille “possibili” spiegazioni per concludere che lo è.

IL RIMUGINARE

Il rimuginare sulle proprie preoccupazioni è una caratteristica comune delle persone che soffrono di ansia; per loro la rimuginazione è usata come strategia di sorveglianza per individuare precocemente segni di malattia oppure come una tecnica per difendersi dai pericoli del pensare positivo, che viene percepito come metodo superficiale e poco responsabile.

Il paziente con ipocondria spende pure molto tempo navigando in Internet o consultando testi e materiale informativo alla ricerca di maggiori prove che corroborino le sue ipotesi.

Le rimuginazioni contribuiscono a mantenere il corpo il corpo al centro dell’attenzione, influiscono sui sintomi e mantengono il malessere emotivo.

Ripetuti controlli sul corpo come la palpazione dell’addome, l’autoesame di parti del corpo per individuare la presenza di noduli o altre formazioni possono causare irritazioni al tessuto o agli organi, che verranno poi interpretate come un’ulteriore prova di patologie somatiche: ogni cambiamento fisiologico tenderà ad essere visto come un peggioramento di salute, piuttosto che l’effetto naturale dell’incremento di attenzione su quella parte del corpo.

Una manovra di elezione quindi sarà mirata a “smontare” la tentata soluzione del controllo costante del corpo che viene chiamata “check up ipocondriaco”.

Il paziente ipocondriaco non riconosce  facilmente la natura psicologica del suo disturbo e persevera nel cercare una spiegazione medica al suo disagio. Il timore di sviluppare una patologia medica rivela pertanto un grande senso di vulnerabilità.

Una forma meno risaputa di ipocondria è quella “psichica”, cioè la paura di perdere il controllo delle proprie funzioni mentali, per via di una malattia che coinvolge il sistema nervoso.  Comune è la preoccupazione di non avere memoria, che produce l’ossessione di controllarla, con l’ovvio risultato di concludere che funziona male o non perfettamente. Il “non perfettamente” diviene, controllo dopo controllo sempre più grande, cosicché il paziente si presenta dicendo “non ricordo niente”, “non riesco a memorizzare”.

Rispetto alle verifiche che pretendono un funzionamento “a comando” della memoria, ovviamente questa risulterà difettosa. Questa pseudo-amnesia ipocondriaca è una forma diffusa e rispetto a cui i pazienti hanno scarsa capacità critica, poiché a differenza dell’ipocondria riguardante altri organi, poiché il cervello qui è sia fonte che oggetto della preoccupazione. Altra forma comune è la paura di diventare “matti”, per esempio nel senso di potersi aggravare fino a diventare “schizofrenici” o “dementi”.

Riguardo alle probabili cause dell’ ipocondria, è stato ipotizzato che malattie gravi vissute nell’infanzia ed esperienze pregresse di malattia di un membro della famiglia siano associate al manifestarsi dei sintomi ipocondriaci.

Alcuni, invece, ritengono che questo disturbo riveli certe disposizioni, rappresentazioni e tratti di personalità del paziente (per es., tendenza eccessiva al controllo). A questo proposito, è stato osservato come i pazienti con ipocondria possiedano un’immagine di sé caratterizzata dall’essere una persona fragile, vulnerabile, debole. Tale credenza costituisce uno dei perni intorno al quale si costruisce il senso della propria identità.

Altre teorie psicologiche hanno posto l’accento sullo scopo che l’ ipocondria riveste nella vita del paziente. Sono stati quindi ipotizzati tre potenziali scopi: lo scopo di non ammalarsi, lo scopo di non essere persone fragili, deboli ed infine lo scopo di vivere in modo prudente, dimostrando di essere una persona responsabile.

Contemporaneamente  possiamo  osservare  spesso nella persona  che  è affetto da ansia connessa allo stato di salute , il  bisogno di richiedere aiuto e di essere ascoltati nella propria sofferenza (più che ricevere risposte definitive)  che soddisfa un bisogno primario della persona di essere vista, compresa, confortata nella sua fragilità, che in questi casi si sostanzia in un malessere fisico supposto.

Il soggetto ipocondriaco viene spesso considerato una sorta di macchietta, un malato immaginario con dei comportamenti bizzarri. Bisogna invece considerare che l’ipocondria è la manifestazione di un disagio e di una sofferenza interiore spesso profondi, che meritano la giusta attenzione e un adeguato sostegno da parte di professionisti.

La prima figura che dovrebbe prendere sul serio il soggetto ipocondriaco è il medico di famiglia, che dovrebbe evitare di prescrivere esami inutili solo per tranquillizzarlo. Sarebbe invece più utile informarlo sulle possibilità terapeutiche: per questo tipo di disturbo come  la psicoterapia di approccio cognitivo-comportamentale.

La psicoterapia è un’indicazione assoluta in questa patologia, soprattutto nei soggetti giovani in cui è ancora possibile un cambiamento della struttura fobico-ossessiva. L’obiettivo è di rendere il paziente consapevole dei conflitti che stanno alla base del disagio somatizzato e anche di modificare i modelli di pensiero e d’interpretazione dei messaggi corporei. Anche tecniche di gestione dell’ansia sono utili e quindi possiamo dire che la terapia migliore dovrebbe contenere sia tecniche volte al riconoscimento di conflitti inconsci che tecniche di tipo supportivo e cognitivo-comportamentale, quindi un modello di terapia non rigido ma che si adatti di seduta in seduta al bisogno e alla capacità del singolo paziente.

Non sempre però l’ipocondriaco è disponibile ad intraprendere un percorso di psicoterapia, in questo caso è utile agire con interventi psicoeducativi tramite cui la persona e i suoi familiari imparano a conoscere meglio cosa sia l’ipocondria, come funziona e soprattutto come si può affrontare.

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Paradiso, D. (2015). L’ipocondria dalla psicoanalisi classica alla prospettiva relazionale. Psichiatria e Psicoterapia34(4).

Pietropolli Charmet, G. (2000). Mentalizzazione del corpo. I nuovi adolescenti. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Stoloro D, Atwood GE (1992). I contesti dell’essere: le basi intersoggettive della vita psichica. Bollati Boringhieri, Torino 1995

Dott. Marco Forti.

Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico

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