Viale Montegrappa 22, Grottammare / Corso Umberto I, n. 18, Civitanova Marche

Perchè gli adulti si arrabbiano facilmente con i bambini?

Forse una delle competenze più complesse da acquisire, nel nostro possibile percorso di vita, concerne il crescere i propri figli, un compito che non ha mai fine quando si diventa genitori. A rendere articolata questa realtà è il fattore dell’incertezza della vita familiare, le aspettative che si hanno, le responsabilità che comprende, tutti aspetti che possono suscitare sentimenti vari. Tra questi vissuti emotivi troviamo anche la rabbia, tanto nei genitori quanto nei bambini. Tale condizione è sperimentata da tutti, anche se siamo genitori splendidi ed impeccabili, non si possono escludere situazioni spiacevoli, difficili, che si verificano nella vita di tutte le famiglie.

Al contempo non va dimenticato che oltre a tutte le diverse situazioni della vita di un genitore vi sono anche numerosi altri impegni che assorbono energie, tempo e incrementano il carico di stress.

Ma come è possibile che bambini piccoli, autentici, innocenti ed ingenui possono far provare nell’adulto anche intensi sentimenti di rabbia, lasciando il genitore, dopo lo sfogo, confuso, spaventato ed a disagio per le sue stesse reazioni?

Innanzitutto legittimiamo il fatto che la rabbia è un’emozione che ci appartiene e che si può provare anche verso i propri figli. E’ un’emozione consueta e normale, che però può complicare lo svolgere al meglio il compito del genitore e non aiuta ad insegnare alla propria prole ciò che si vorrebbe trasmettere. In sostanza la rabbia influenza il nostro modo di pensare, di comportarci e di vivere. Quando tale emozione diviene intensa ed ingestibile può evolvere in un modello comportamentale errato.

Torniamo alla domanda iniziale, perché i genitori si arrabbiano con i propri figli?

Molti genitori riferiscono che proprio determinati comportamenti del figlio fanno loro perdere la pazienza, attribuendo alle loro condotte un’intenzionalità provocatoria: “La mattina è lentissimo ad uscire di casa, come se volesse farmi un dispetto…mi ripeto di riuscire a mantenere la calma, ma finisco inevitabilmente per perdere la pazienza ed urlare…mi vergogno, ma non riesco proprio a controllarmi…”

Queste ed altre simili, sono solo alcune delle situazioni tipiche che molti genitori condividono in terapia.

Non importa qual’è il tipo di atteggiamento dei nostri figli, perché non è questo la causa vera della rabbia sperimentata, in realtà non è il comportamento in quanto tale, ma è l’interpretazione che si dà a quel comportamento, ciò che provoca la rabbia.

Noi vediamo un determinato comportamento e giungiamo frettolosamente alla conclusione, non mi vuole ascoltare, diventerà una pessima persona e quindi io non sono stato bravo come padre\madre.

Il primo passo sta nel considerare la propria responsabilità nella rabbia che si genera in noi. Aumentiamo l’autoconsapevolezza, cerchiamo in primis di monitorare quelle situazioni che generalmente ci fanno saltare i nervi. Proviamo a riflettere sulla situazione, poiché un bambino che si “comporta male” non sta agendo una ripicca verso il genitore, ma con tutta plausibilità vede il proprio familiare come impedimento rispetto alla realizzazione di un suo scopo, perciò non vuole sentire brontolare, non vuole essere condannato, semplicemente vuole ottenere ciò che desidera nel momento stesso in cui lo desidera, perché è un bambino. Di fronte al montare della rabbia diciamoci: …….sento che mi sto coinvolgendo troppo, meglio che mi penda il tempo per calmarmi, non sto evitando, non è una fuga, ma un assunzione di RESPONSABILITA’.

Possiamo insegnare la lezione a nostro figlio\a più tardi, in maniera più adeguata.

E’ importante poi provare a chiedersi quali pensieri negativi stia attivando il comportamento del proprio figlio; le emozioni nocive del genitore che sente di essere in difficoltà, sono la spia luminosa che avverte e invita a connettersi con il proprio mondo interno per capire cosa stia succedendo. Spesso i genitori vivono nella relazione con i figli delle loro questioni irrisolte, che sono alla base delle reazioni emotive eccessive dinnanzi ad alcuni comportamenti della loro prole. Quelle emozioni incontrollabili di rabbia o anche di agitazione sono verosimilmente il risultato dell’attivazione dei nuclei di fragilità e di vulnerabilità del genitore. I comportamenti dei bambini in questi casi si configurano come e veri propri “trigger – inneschi”, leve che riattivano le cognizioni negative disfunzionali e le emozioni inopportune che il genitore si porta dietro dalla sua storia e dalle sue esperienze di vita.

Come già specificato si tende a guardare la realtà attraverso il filtro delle nostre emozioni, andando a creare un accumulo di vissuti negativi difficili da gestire. Altra variabile importante sono le aspettative che un genitore può avere nei confronti di se stesso e di suo figlio, con il rischio che possano essere troppo alte. Altra aspettativa riguarda i comportamenti del proprio figlio relativi alla sua disciplina, rispetto a quella convinzione molto comune del tipo “ mio figlio sarà diverso, non farà il maleducato come altri bambini”, questo è un pensiero molto consueto, che ci porta a rimanere più facilmente sconcertati e delusi quando il proprio figlio si comporta proprio come il genitore non avrebbe mai voluto vedere.

Riflettiamo anche su cosa succede nella testa del bambino quando gli urliamo contro? Abbiamo presente il nostro stato d’animo quando una persona ci urla contro? Bene questo impatto nel bambino sarà 3 volte più incisivo e forte, quindi immaginiamo cosa può smuovere in lui. Gli agiti verbali e comportamentali aggressivi toccheranno la personalità in formazione del bambino e rischiano di ripercuotersi in età adulta. Inoltre l’urlo del genitore scatenerà di riflesso la rabbia del bambino che reagirà ancora di in quel determinato modo, perché noi siamo il loro modello.

Infine non facciamoci massacrare dal senso di colpa. Il genitore perfetto non esiste, ma esiste il genitore sufficientemente buono, che è quello che si fa delle domande, che prova a capire come si possa sentire suo figlio, che si interroga sugli effetti delle proprie reazioni e su cosa può fare per migliorare la situazione.

Qualora, nonostante i nostri sforzi, la relazione con il nostro bambino continui ad essere fonte di malessere e frustrazione, si può chiedere aiuto ad un professionista, che possa aiutarci a capire e a gestire cosa ci sta succedendo, per poter avere con i nostri figli relazioni più serene e appaganti.

Dott. Marco Forti.
Psicologo, Psicoterapeuta & Sessuologo Clinico
L’articolo rispecchia le opinioni dell’autore al momento dell’ultima modifica. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy e Copyright.

Leave a Comment

(0 Commenti)

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Close